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Il procuratore De Raho su Rai Uno: ‘Molto grave l’episodio di Castellammare. I pentiti sono un’arma per riaffermare la legalità’

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Quello di Castellammare di Stabia è sicuramente un episodio “molto grave” che dimostra come interi quartieri sostengano “coralmente” l’odio verso i collaboratori di giustizia, “un’arma per riaffermare la legalità”.

Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia , ospite di “Che tempo che fa” su RaiUno. Nella città campana considerata roccaforte del clan D’Alessandro, la scorsa notte è apparsa la scritta “Così devono morire i pentiti, abbruciati” su uno striscione accanto a un falò, dove è stato bruciato anche un manichino. Poi è stato dato fuoco alla catasta di legna, al fantoccio e allo striscione, il tutto accompagnato dagli applausi di una piccola folla di persone. “E’ sicuramente molto grave quello che è avvenuto, dimostra evidentemente come determinati orientamenti di censura, o addirittura odio, nei confronti di collaboratori di giustizia siano sostenuti coralmente da un intero quartiere, o comunque da gran parte delle persone che vi abitano”, ha detto Cafiero de Raho nell’intervista con Fabio Fazio, “Perchè è evidente che annotare su quella catasta di legno, su quel fuoco, una frase come quella significa che vi è un grande consenso in quel quartiere verso la camorra. Soprattutto vi è insofferenza nei confronti di coloro che consentono di illuminare quella che è l’organizzazione camorrista dall’interno, che consentono l’individuazione dei responsabili e degli affiliati”. “Proprio quei collaboratori di giustizia che oggi ci consentono di conseguire grandi risultati, perchè è vero che essi – insieme agli strumenti delle intercettazioni ambientali e telematiche, perchè ormai per telefono camorristi, mafiosi e n’dranghetisti non parlano più – rappresentano l’unica fonte di prova”, ha aggiunto il procuratore nazionale antimafia, “Questa insofferenza si manifesta soprattutto laddove, come nel caso di Castellammare di Stabia, ci sono operazioni della magistratura e delle forze dell’ordine (c’erano stati arresti di circa quindici uomini affiliati all’organizzazione dei D’Alessandro)”. E dimostra, ha concluso, che “i collaboratori di giustizia sono effettivamente un’arma per riaffermare la legalità”.


Articolo pubblicato il giorno 9 Dicembre 2018 - 22:27

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