Cronaca Giudiziaria

‘Cassaforte’ di Zagaria: la Cassazione conferma le accuse per Nicola Inquieto

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Nicola Inquieto deve restare in carcere. E’ quanto ha disposto la Corte di Cassazione che ha rigettato il ricorso presentato dagli avvocati difensori Nicola Marino e Giuseppe Stellato contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva confermato le esigenze cautelari per l’imprenditore, accusato di camorra e ritenuto il canale attraverso cui il capoclan Michele Zagaria avrebbe investito i propri capitali all’estero.
Per i giudici della Suprema Corte le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, finite nell’ordinanza a carico di Inquieto, non sarebbero “discordanti” tra loro in quanto “ogni collaboratore di giustizia era portatore di una porzione di conoscenza dei fatti, talora sovrapponibile a quella riportata dagli altri collaboranti e talora integrativa di quella; il giudice sottolineava come ogni dichiarazione avesse una sua fonte autonoma e come ciascuna contribuiva coerentemente alla ricostruzione di un ambito criminale particolare. Le divergenze nei racconti sottolineate dal ricorrente sono state correttamente ritenute di modesto rilievo, anche perché il ricorso effettua una parcellizzazione minimizzante degli elementi raccolti allo scopo di destrutturare il disegno complessivo che si era venuto formando. Così, non si riscontra affatto una sorta di pregiudizio a carico del ricorrente allorquando il Tribunale riporta l’episodio del bunker scoperto nel 1994, poich detto elemento viene saldato con gli altri che dimostrano lo stretto rapporto che legava il capo-cosca Michele Zagaria con la famiglia dell’Inquieto, e correttamente il Tribunale sottolinea che proprio presso l’abitazione del fratello del ricorrente veniva in seguito arrestato lo stesso Zagaria, ponendo termine ad una lunga latitanza: risultava così coerente quanto narrato dai collaboranti circa il finanziamento del ricorrente da parte dello Zagaria Michele circa l’apertura del negozio di telefonia del ricorrente medesimo e circa la fiducia che quegli riponeva nel ricorrente, tanto da affidargli somme di danaro di rilievo, da reinvestire in Romania – scrivono i giudici – dove egli aveva preferito allocare l’Inquieto per evitare l’addossarsi su di lui degli interessi investigativi di organi inquirenti”.
Inoltre le dichiarazioni dei collaboratori trovano un riscontro dal “raffronto di dati oggettivi – proseguono i giudici – quali la situazione di impossidenza del ricorrente e della sua famiglia e la ricchezza accumulata dallo stesso in un tempo relativamente breve a fronte della impossibilità di rinvenire una causa legittima di detta nuova condizione alla stregua della documentazione finanziaria, anche prodotta dal ricorrente: anzi, a proposito della stessa, non risponde al vero che il Tribunale non abbia considerato l’ordinario ricorso al credito quale fonte degli investimenti, in quanto l’ordinanza impugnata riporta i dati dei ripetuti trasferimenti di danaro (per somme di rilievo assoluto) a favore del ricorrente o della sua impresa, nonché quelli della progressiva espansione di tale impresa e degli acquisti di beni immobili; ed ancora, venivano correttamente tratte conclusioni dalle conversazioni intercettate del ricorrente, il quale, nell’ambito dei rapporti conflittuali della separazione coniugale, faceva espresso riferimento al fatto che il danaro di cui poteva disporre non era soltanto suo ma anche di un’altra persona, descritta come pericolosa e violenta, alla quale doveva versare somme di danaro. In questo ambito, il Tribunale rilevava che la documentazione prodotta dal ricorrente era talora priva di sottoscrizione o talora priva di data e che comunque non erano evincibili le causali dei pagamenti e detta documentazione non era idonea a scalfire il chiaro quadro indiziario che emergeva dal contenuto delle conversazioni”.
Per questo la Cassazione ha confermato le esigenze della custodia in cella rigettando il ricorso. Intanto Inquieto è a processo con il giudice titolare del fascicolo che ha inoltrato all’autorità giudiziaria romena una proroga di ulteriori sei mesi della consegna temporanea alla giustizia italiana, per consentire lo svolgimento del processo. Proroga a cui si è opposto Inquieto che ha promosso un ricorso alla Corte di Giustizia di Bucarest che si esprimerà nei prossimi giorni.

 Gustavo Gentile


Articolo pubblicato il giorno 17 Novembre 2018 - 19:59

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