E’ la storia di un’amicizia nata nello spazio angusto di una cella di prigione, 24 metri quadri. E’ il racconto di come due detenuti del carcere di Poggioreale, a Napoli, Claudio e Teodoro, riusciranno, attraverso questo legame a riscattarsi. Ma e’, soprattutto, l’occasione per affrontare il nodo delle condizioni che i detenuti vivono una volta entrati in prigione, in un “al di qua” del muro che li separa da chi non e’ stato privato della propria liberta’ personale ed e’ “al di la'” del muro. E’ “Il Capocella”, scritto da Vincenzo Russo, edito da Homo Scrivens, e presentato oggi nel Consiglio regionale della Campania. Premette, l’autore, nel parlare del suo libro di non essere mai stato in carcere. “Un condizione di vita passata che danno per scontato – dice – ma non ci sono mai stato se non per parlare del mio libro”. Il quid pro quo nasce, come egli stesso spiega, “dalla minuziosita’ con cui ho descritto la vita” dietro le sbarre. Il testo si pone come “una provocazione” che prova, in qualche modo, “a umanizzare il carcere”. “Ho parlato di scuola, lavoro, riscatto, dell’amicizia, dei legami con chi e’ al di la’ del muro – conclude – e’ un libro di speranza, non di storie violente dal carcere”.
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