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Gli investigatori si sono insospettiti per il continuo andirivieni dal civico 93: quell'angolo, fuori dal cono visuale della telecamera, era utilizzato dai pusher come "deposito" per le dosi. Poi tornavano nel cortile adiacente il bar "Il Ristoro" e si incontravano nuovamente con l'avventore. Il 31 maggio i carabinieri decidono di perquisire il cortile notando in una insenatura di un muro un involucro cilindrico attaccato, tramite calamita, alla parte in ferro del portone. All'interno vi erano cinquantuno pallini tra cocaina e crac del peso complessivo di 8,3 grammi con quattro dosi di marijuana del peso di 4.8 grammi.
Salvatore De Maio, meglio conosciuto come Tor 'o Nir per il colore scuro della sua pelle, nelle intercettazioni dei carabinieri dice: "Ma ora si deve fare così, poi il resto me lo vedo io. Mi posso muovere pure da solo, se voglio l'unico che può prendere benefici qui so solo io". Parole queste che attestano che sia lui ad essere a capo del sistema di spaccio del centro storico di Pagani. E' la figura verticistica contigua al clan Fezza D'Auria Petrosino, smantellato dalle maxi inchieste della Dda, Taurania Revenge e Criniera. È lui a controllare le piazze di spaccio, a dare ordini sulla consegna ai pusher, ad accorrere durante i controlli dei carabinieri, a decidere dove piazzare le vedette, a preparare le dosi, a riscuotere i soldi e a organizzare il gruppo, valutando anche l'eventuale inserimento di nuovi affiliati. DE Maio, quarant'anni, è già noto agli inquirenti per il suo coivolgimento nel maxi blitz Taurania Revenge contro il clan Fezza D'Auria Petronino. Su di lui pende ad oggi un giudizio in appello anche per estorsione, consumata insieme a Vincenzo Pepe, il suo braccio destro, nei riguardi di un commerciante. Entrambi condannati in primo grado, secondo le accuse anche in quell'occasione avevano agito per conto del clan, con l'aggravante del metodo mafioso. Persino nel parlare con un carabiniere, durante un controllo, riferirà di essere amico della "famiglia Fezza". Gli affari del quadrilatero della Lamia fruttano al gruppo De Maio-Pepe almeno diecimila euro a settimana, quarantamila al mese e cinquecentomila l'anno. Anche Vincenzo Pepe, considerato l'alter ego di De Maio: "Tanto stiamo insieme, io e lui è la stessa cosa", si muoveva come un capo, controllando le piazze e dando disposizioni ai pusher, che venivano poi retribuiti con regolare stipendio. Il gruppo, legato dal vincolo associativo, badava a tutto, anche a preoccuparsi se qualche assuntore faceva i loro nomi ai carabinieri. A punirli ci pensava Salvatore Olivieri, figlio del boss Giuseppe, Peppe Saccone, ucciso nell'ospedale di Cava de' Tirreni nel 1990 durante la faida di camorra interna alla Nuova Famiglia. Il ragazzo è considerato il "palo" principale della piazza di spaccio e quando venne a sapere che uno dei pusher era stato "cantato", miniacciò il padre: "Tuo figlio si è cantato uno di noi che vendeva il cotto, stava scritto nel verbale, che se lo è cantato. Se non sta accorto gli tagliamo la testa". Per coontrollare tutto De Maio leggeva e verificava in prima persona i verbali redatti dai carabinieri delle persone che man mano venivano fermate dai carabineiri dopo l'acquisto della cocaina. Nell'indagine sono finiti anche Ciro Califano e Alfonso Belluno, pusher che si alternavano per orari e turni. Belluno era la persona di riferimento dell'organizzazione mentre Califano, anche lui vicino al clan storico Fezza D'Auria, rispondeva all'altro capo, Vincenzo Pepe. Anche Ivan Pepe, secondo indagini, dall'acquisto di droga per mano di De Maio e Califano, passa poi ad "affiliarsi agli uomini della Lamia", su diretta richiesta dello stesso "Tor O' Niro". Anche per lui, spiccano precedenti per droga e condanne per ricettazione e tentato furto. Gli altri sei coinvolti, destinatari agli arresti domiciliari, sono tutti incensurati e vengono considerati affiliati, in quanto il loro apporto era "gerarchicamente sottordinato, rispetto ai pusher ed ai gestori di riferimento dello spaccio. Non ricevevano denaro, né maneggiavano droga".
(nella foto controlli dei carabinieri nella zona della Lamia a Pagani, nei riquadri da sinistra Salvatore Di Maio, Salvatore Olivieri, Ciro Califano)






