“A poche ore di distanza da un analogo evento critico accaduto nel carcere minorile di Airola, un altro detenuto italiano ha tentato il suicidio ma ancora una volta è stato salvato dal tempestivo intervento degli Agenti di Polizia Penitenziaria in servizio”.Potrebbe interessarti
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Donato Capece torna a sollecitare l’Amministrazione Penitenziaria a intervenire: “Quello di Airola è l’ennesimo grave evento critico che avviene in un carcere della Campania. Dovrebbe essere evidente a tutti che è necessario intervenire con urgenza per fronteggiare le costanti criticità penitenziarie. Il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti. Per queste ragioni un programma di prevenzione del suicidio e l’organizzazione di un servizio d’intervento efficace sono misure utili non solo per i detenuti ma anche per l’intero istituto dove questi vengono implementati. E’ proprio in questo contesto che viene affrontato il problema della prevenzione del suicidio nel nostro Paese. Ma ciò non impedisce, purtroppo, che vi siano ristretti che scelgano liberamente di togliersi la vita durante la detenzione”.“Negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 18mila tentati suicidi ed impedito che quasi 133mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze”, sottolinea ancora Capece. Netta è infine la denuncia del SAPPE sulle criticità nelle carceri del Paese: “Mancano Agenti di Polizia Penitenziaria e se non accadono più tragedie più tragedie di quel che già avvengono è solamente grazie agli eroici poliziotti penitenziari, a cui va il nostro ringraziamento. Nelle carceri c’è ancora tanto da fare: ma senza abbassare l’asticella della sicurezza e della vigilanza, senza le quali ogni attività trattamentale è fine a sé stessa e, dunque, non organica a realizzare un percorso di vera rieducazione del reo”.






