Scafati: lettere, telefonate e chat portano Aliberti in carcere. La moglie su Fb: “Potevamo gestire meglio la situazione”

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Scafati. Lettere, chat con il telefono dei genitori e il finto tentativo di suicidio concordato per tentare un avvicinamento da Roccaraso dove era detenuto ai domiciliari a Scafati: sono questi gli elementi che hanno riportato il carcere l’ex sindaco di Scafati, Angelo Pasqualino Aliberti il 12 giugno scorso per ordine dei giudici del Tribunale di Nocera Inferiore. A far scoprire i numerosi episodi di violazione agli obblighi di non comunicare con persone diverse dai genitori, imposti dal Gip Giovanna Pacifico che aveva concesso i domiciliari ad Aliberti, sono stati amici e familiari ascoltati grazie alle intercettazioni ambientali disposte dalla Procura antimafia di Salerno ed eseguite dalla Dia. Aliberti è nel carcere de l’Aquila da una settimana e oggi la moglie Monica Paolino, consigliere regionale della Campania per FI e coimputata con il marito per scambio di voto politico mafioso ha rotto il silenzio ‘forzato’ ed ha scritto su facebook un post in difesa di Aliberti. “Mi sembra giusto rompere il silenzio dopo la nuova disposizione d’arresto di mio marito, Pasquale Aliberti. Un silenzio – scrive il consigliere – che nasce da un dolore molto grande che ci portiamo dentro tutti. Se ci domandiamo: ‘Potevamo gestire meglio la situazione?’, la risposta più ovvia è sì. Potevamo”. Cosa significa gestire meglio la situazione? Essere più furbi o evitare di infrangere gli obblighi imposti dal Giudice? Dal post della Paolino è difficile evincere il senso di questa frase.
Il consigliere regionale poi aggiunge: “Anche se giudicare dall’esterno è molto più semplice che vivere le situazioni in prima persona, bisogna calarsi nei panni e nella pelle degli altri per poter davvero capire. E nel nostro caso c’è veramente poco da capire. Non c’è, infatti, nessun contatto con gli ambienti camorristici cui si fa riferimento nell’inchiesta ‘Sarastra’, nelle presunte missive che sarebbero state smistate da Roccaraso, non ci sarebbero indicazioni o ‘pizzini’ alla camorra, ma esternazioni d’affetto e d’amicizia di un uomo solo, fortemente provato dalla detenzione prima al carcere di Fuorni e poi agli arresti domiciliari a Roccaraso. E dunque, potevamo gestire meglio la situazione? Si, potevamo, ma potevamo tutti, giustizia compresa. Perchè è giusto rispettare le regole, è giusto controllare minuto per minuto, secondo per secondo l’ex sindaco, è giusto anche concentrarsi sul peso delle parole piuttosto che sul nocciolo vero della questione, e cioè l’esistenza o meno dei rapporti tra l’ex sindaco e il clan, ma l’essere umano con le sue sensibilità e le sue fragilità dovrebbe sempre essere rispettato. Soprattutto quando è allo stremo delle forze e la sua famiglia è a pezzi. La giustizia – conclude la Paolino – deve fare il suo lavoro, ma come dice sempre Pasquale, la ‘verità è figlia del tempo’ e presto o tardi verrà fuori. La sua, la nostra onestà non è di certo messa in discussione da qualche leggerezza o errore umano. Tutti, dovremmo sempre ricordarlo: siamo umani. Ritorniamo ad essere umani”.
Considerazioni ‘umane’ che nulla tolgono al vero nocciolo della questione che ha ricondotto in carcere Aliberti. A stabilire se le accuse mosse dalla Procura antimafia all’ex sindaco, alla moglie, al fratello Nello e agli altri coimputati saranno i giudici del tribunale di Nocera Inferiore dinanzi al quale pende il processo. Pasquale Aliberti ha violato la legge e gli obblighi imposti dal giudice. Lo dimostrano le numerose relazioni depositate dagli uomini della Dia – sezione di Salerno, diretti dal tenente colonnello Giulio Pini – che stanno seguendo le indagini. Relazioni che tengono conto delle intercettazioni ambientali disposte dalla Procura che hanno avuto come bersaglio sia Monica Paolino che Nello Aliberti e che dimostrano il continuo bisogno di comunicare oltre che con i suoi familiari più stretti anche con i suoi fedelissimi. Un bisogno che preoccupa gli stessi interlocutori, consci che le violazioni gli sarebbero costate care. ”
Devo mandare un messaggio a mio fratello – dice Nello Aliberti parlando con Giovanni Cozzolino, l’ex staffista e coimputato dell’ex sindaco – dicendogli di non scrivere più messaggi, cambiati il telefono, questo buttalo, prendi la scheda di mamma e mettila in un telefono nuovo”. Chiaramente il detenuto ai domiciliari utilizza il telefono della mamma per comunicare con l’esterno da quello che si evince da queste conversazione e ironia della sorte a metterlo nei guai sono state proprio le persone a lui più vicine.
Il 20 feb­braio scorso a bordo della Smart di Nello Alberti viene intercettata una conversa­zione con Carlo Vi­tiello, autista, tuttofare degli Aliberti. Vitiello è colui che si occupa dei trasferimenti sia dei genitori dell’ex sindaco sia di Pasquale Aliberti quando ha dovuto affrontare le udienze del suo processo. Vitiello diventa anche il ‘postino’ di Pasquale Aliberti, colui che dispensa missive. Proprio in quell’occasione Vitiello consegna a Nello Aliberti una lettera scritta dal detenuto ai domiciliari nella quale chiede l’acquisto di un telefono cellulare, dà disposizioni e fa raccomandazioni al fratello. Ma – si evince dalle intercettazioni – Pasquale Aliberti ha scritto non solo al fratello Nello, ma anche a Giovanni Cozzolino, alla moglie Monica Paolino, a Domenico D’Aniello ‘o tormentone, il ristoratore suo amico, Eduardo D’Angolo, ex presidente dell’Acse e marito della proprietaria dell’abitazione di Roccaraso dove ha ottenuto i domiciliari. Ma un altro episodio ha messo in allerta gli inquirenti, rispetto all’attività dell’ex sindaco detenuto e alle sue continue violazioni. Pasquale Aliberti, nel tentativo di un avvicinamento a casa, inscena un finto tentativo di suicidio il 20 aprile scorso. A svelare il retroscena, la moglie Monica Paolino conversando con, Michela Rasteli, un’amica preoccupata per le sorti di Aliberti dopo la diffusione della notizia. Quel giorno, Nello Aliberti è a Roccaraso ed è lui ad allertare i medici del 118 e i carabinieri del malore del fratello. Che sia tutto concordato si evince dall’intercettazione alla Paolino. “Tranquillissima … – dice alla sua amica – Era tutto concordato …ca­pito? Tranquilla … niente di ché c’ho parlato… era con­cordata questa cosa. Questo è un rafforzativo, hai capito?”. Pasquale Aliberti viene soccorso per un’abuso di tranquillanti, in ospedale sul referto viene indicato come un tentativo di suicidio. E’ quindi Carlo Vitiello che evidentemente è in compagnia di Nello Aliberti a Roccaraso a chiamare Monica Paolino per informarla del trasferimento del marito dall’ospedale di Castel di Sangro a quello de L’Aquila. La dicitura in cartella clinica preoccupa non poco il detenuto, il referto potrebbe pregiudicare la sua attività di medico e portare ad una cancellazione dall’albo. E qui si mettono in azione i familiari e in particolare il fratello Nello che chiedono rassicurazione agli avvocati. Due giorni dopo l’episodio, Nello Aliberti chiama il cugino Pasquale Giugliano che sostiene di aver ricevuto una telefonata dall’ex sindaco per la vicenda della cartella clinica “hanno indicato tentato suicidio e ha paura che lo cancellano dall’albo”. Una preoccupazione che anche gli avvocati escludono. Resta l’escamotage e il tentativo – a tutti i costi – di voler ritornare nella sua città, di continuare ad avere rapporti con familiari e coimputati. Violazioni che non depongono a favore del rispetto delle regole e della condotta ‘ligia’ alla quale il detenuto ai domiciliari Pasquale Aliberti avrebbe dovuto attenersi.
Le esternazioni della moglie Monica Paolino di oggi non sono null’altro che un tentativo di solidarietà mediatica che purtroppo si infrange dinanzi al mancato rispetto degli obblighi imposti, umanamente giusti o ingiusti non importa. La legge va rispettata.
Rosaria Federico


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