Napoli, il racconto choc di Emanuele: ‘Ho creduto di morire, continuavano a picchiarmi e gli ho consegnato il cellulare’

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Emanuele, sedici anni, iscritto al terzo anno del Liceo artistico con indirizzo scenografia, ha raccontato nei dettagli dell’aggressione subita da una coppia di coetanei venerdì scorso a Scampìa. “Se mi avessero colpito in testa o in un occhio, sarei morto. Ma nonostante la violenza inaudita con cui mi hanno aggredito, se me li ritrovassi di fronte direi loro: vi perdono”.
Al ritorno dalla stazione locale dei carabinieri, dove è andato insieme alla madre Lina Grimaldi, per tentare di identificare i suoi aggressori, Emanuele ripercorre i terribili istanti vissuti nel pomeriggio del 18 maggio. Lo fa con la giornalista de Il Mattino, Giuliana Covella che ha raccolto la sua testimonianza: “Dopo la scuola, come sempre, sono andato a prendere la metropolitana e sono sceso a Scampìa intorno alle 16.00 e all’uscita ho scelto di prendere un’altra strada. Le cambio spesso. Ho quattro o cinque opzioni. Stavolta avevo deciso di percorrere via Valerio Verbanio, che costeggia il cantiere dell’Università, perché era una bella giornata e volevo sentire il sole sulla pelle. Li ho visti sbucare da un palazzo e venirmi incontro – tagliandomi la strada sul lato sinistro – volevano soldi, ma non mi hanno dato nemmeno il tempo dire che non ne avevo, quando uno dei due, il passeggero, è sceso e mi ha colpito con una spranga di ferro. Gli ho detto: che fate? Questo non si fa. Ma quello che stava seduto dietro continuava a colpirmi allo zigomo, mentre il guidatore aveva preso il mio zaino con i libri e i riassunti che mi servivano per l’interrogazione di Chimica”. Incuranti, i due balordi non si sono fermati fino a quando il ragazzo non è rimasto a terra sanguinante: “Ho creduto di morire e pur di porre fine a quel tormento ho consegnato loro il mio cellulare. Poi sono andati via e un passante a cui ho chiesto aiuto mi ha accompagnato a casa. In quel momento mi è sembrato di rivivere una scena di Gomorra, quando arrivano i soccorsi dopo un’aggressione”. Nonostante l’accaduto Emanuele ha avuto la forza e il coraggio di tornare a scuola ieri mattina: “Ho voluto raccontare tutto ai miei compagni e ai miei insegnanti a testa alta”. Il minorenne ha autorizzato la madre a pubblicare sui social le sue foto col volto tumefatto e sanguinante per le ferite: “perché qualcun altro avrebbe potuto trovarsi lì e cavarsela peggio di me. Ma soprattutto perché se serve a far capire in che razza di mondo viviamo, sono disposto a mettere in piazza la mia vita”. Curato dai medici del pronto soccorso del Cardarelli, il ragazzo ha riportato un trauma maxillo facciale rimediando quattro punti di sutura sullo zigomo sinistro: “Non posso sorridere perché altrimenti si riaprono le ferite. Ma quello che mi fa più male è che quando esco ho paura, anche se si avvicina un’auto, un camion o un motorino. E ho paura per la mia famiglia, che ha avuto la forza di denunciare”. Vittima di bullismo già da piccolo, Emanuele si dice tuttavia disposto a perdonare i suoi aggressori, che ricorda molto bene: “Uno era piuttosto magro, l’altro più in carne. Indossavano magliette nere con una riga bianca intorno al braccio e capelli rasati nelle tempie. E avevano un’aria spavalda, come se fossero i padroni del mondo. Ma – ribadisce – anche se da loro ho subito una violenza, non me la sento di augurargli la morte né di sperare che marciscano in galera”.
Lina mamma di Emanuele, il 27 maggio parteciperà alla marcia contro la violenza organizzata da Maria Luisa Iavarone, madre di Arturo, accoltellato a dicembre da una baby gang in via Foria.
“Adesso lo accompagniamo noi a scuola – spiega – per aiutarlo a esorcizzare la paura lo abbiamo portato subito sul luogo dell’aggressione. I punti di sutura che ha sul volto passeranno, ma ci vorrà più tempo per risanare quelli nell’anima”. Una maggiore presenza di forze dell’ordine è ciò che chiede Lina, “anche se qui fanno già abbastanza», dice. Infine un appello agli aggressori di Emanuele: “Mi auguro possiate capire ciò che avete fatto, perché non si può usare violenza gratuita contro qualcuno con il solo scopo di fare del male. Come reagireste se lo facessero a voi?”.




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