Evoca "episodi di attentati terroristici" l'episodio avvenuto lunedì scorso a Pompei, dove un algerino ha percorso contromano, su un'auto rubata, una strada nei pressi del santuario.Potrebbe interessarti
Il giudice monocratico di Torre Annunziata Fernanda Iannone — esperta di terrorismo internazionale ed autrice di una monografia sui foreign terrorist fighters — non solo ha convalidato il fermo, ma, accogliendo la richiesta del pm, ha anche disposto la custodia cautelare in carcere. Per i reati che gli venivano contestati (furto di un’auto e false dichiarazioni a pubblico ufficiale) l’algerino è stato processato con rito direttissimo: l’avvocato, nominato d’ufficio, ha chiesto l’abbreviato e dunque, a fronte di una richiesta di quattro anni e un mese da parte del pm, Jridi è stato condannato a due anni e mezzo; una pena comunque molto severa rispetto alla lieve contestazione dell’accusa. Gli atti sono stati inviati al pool antiterrorismo della Procura di Napoli per i necessari approfondimenti.
L’imputato avrebbe potuto ottenere i domiciliari (la legge lo prevede per le condanne inferiori ai tre anni), ma il giudice ha deciso diversamente: troppi elementi depongono a suo sfavore. Innanzitutto, argomenta il magistrato, bisogna tener presente «l’estrema pericolosità della condotta tenuta dall’arrestato, che per le modalità (invasione di zona pedonale, piazza normalmente frequentata da centinaia di persone nonché da migliaia di pellegrini in giornate festive), il luogo (piazza antistante al santuario della Madonna di Pompei), la personalità (soggetto di nazionalità algerina, irregolare sul territorio italiano, espulso dal territorio francese), le condizioni psico fisiche della persona (che aveva assunto, per sua ammissione sostanze stupefacenti e psicotrope), che evocano episodi di attentati terroristici». Non solo: il giovane algerino, nel corso dell’udienza di convalida, ha asserito «di non essere in condizione di sapere perché avesse compiuto quel gesto se non per sentirsi più vicino ad Allah, il che gli sarebbe stato reso più facile dall’assunzione di un farmaco». Inoltre «l’arrestato nel corso dell’udienza ha continuamente emesso suoni labiali e recitato una litania araba in nome di Allah»: «vi è il concreto ed attuale pericolo che l’imputato commetta altri delitti della specie di quello per cui si procede» e pertanto «è necessario applicare, non potendosi allo stato presumere che egli si asterrà dal delinquere in futuro, la misura della custodia cautelare in carcere, poiché, allo stato, unica misura idonea a fronteggiare le esigenze cautelari; tale misura appare anche proporzionata alla gravità dei fatti commessi ed alle sanzioni applicabili al caso di specie». Il giudice, dunque, sottolinea la presenza di elementi indicativi del profilo del lone wolf (drogato, in preghiera, esaltato, in zona religiosa, durante periodo di feste religiose) che ha percorso vari chilometri per raggiungere un obiettivo inequivocabile. Ma a farlo propendere per la detenzione in carcere è stato anche il fatto che, dopo avere mentito sulla sua identità ai carabinieri, subentrati nelle indagini ai vigili urbani, Jridi ha continuato a mentire sul suo indirizzo: ha fornito quello di un connazionale e, quando è arrivato sul posto accompagnato dai militari, gli ha sussurrato in arabo: «Dici che vivo qui, se no mi arrestano». Di elementi da approfondire, dunque, il pool antiterrorismo della Procura di Napoli ne ha in abbondanza.






