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‘Voglio morire da essere umano’, la lettera di un detenuto malato di cancro

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“Ho commesso un reato e la cosa giusta è che paghi in galera il mio debito con la giustizia, sono in attesa di un trapianto di fegato ma nel frattempo mi hanno diagnosticato un tumore. Mi fanno le chemioterapie quando sento dolore su tutto il corpo. Non mi sento più un essere umano, ma mi sento come un cane malato in un canile che aspetta solo la sua morte”. È uno stralcio della lunga lettera che Gennaro Riccio, arrestato nel 2016 e condannato in primo grado a 12 anni di carcere per la sua appartenenza al clan Sibillo e alla ‘Paranza dei Bimbi’,, ha inviato a Pietro Ioia, storico fondatore dell’associazione “Ex Detenuti Organizzati”. La lettera pubblicata sul quotidiano Il Roma insieme con alcune riflessioni di Ioia sulle condizioni dei detenuti e in particolare di tutte le carceri italiane, racconta il dramma di un uomo che chiede di poter essere curato con dignità, ha chiesto un trattamento più umano e l’assistenza dei familiari durante le dure sessioni di chemioterapia. “Io non chiedo di uscire – scrive Riccio nella sua lettera-testamento – o di morire a casa mia, perché immagino che ciò non sarà possibile, ma chiedo di avere cure adeguate alla mia malattia. Dopo ogni chemio ritrovarsi da soli in una cella è come stare nell’anticamera della morte. In Italia se vuoi sentirti una nullità oppure un numero basta che si varchino le soglie delle nostre carceri. Io chiedo solo il diritto di sentirmi un essere umano e non un malato terminale di serie b”. Ioia ricorda il caso di Vincenzo Di Sarno un detenuto napoletano gravemente malato in carcere per l’omicidio di un migrante e condannato a 16 anni che riuscì ad ottenere di farsi curare a casa grazie all’interessamento dell’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. I familiari di Gennaro Riccio hanno già annunciato di essere in attesa, per le prossime ore, di una perizia medica ufficiale che stabilisca la compatibilità del loro congiunto con il regime carcerario. La perizia sarà poi inoltrata al magistrato di sorveglianza che dovrà stabilire l’eventuale “allentamento” del-le misure cautelari nei con-fronti dell’uomo e l’eventuale trasferimento in ospedale.


Articolo pubblicato il giorno 19 Febbraio 2018 - 08:17
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