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Gomorra, il questore di Napoli: ‘Le polemiche non servono, bisogna fare qualcosa per i giovani’



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Non interessano le polemiche legate a serie tv come ‘Gomorra’ al questore di Napoli, Antonio De Iesu. Il suo sguardo di investigatore in prima fila nella lotta ai clan (e’ stato anche ferito negli anni ’80 durante la ‘guerra’ tra cutoliani e Nuova famiglia) e di uomo delle istituzioni e’ oltre. Va alle “strategie” da mettere in campo in sinergia tra famiglie, scuola, forze dell’ordine e istituzioni, soprattutto in quelli che con garbo chiama “quartieri sensibili”, le “periferie dentro il centro citta’ e quelle vere”. “Condivido pienamente la richiesta dell’arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, al prefetto Carmela Pagano – ha spiegato all’agenzia Agi – e’ utile un comitato di analisi del disagio giovanile. Dobbiamo esplorare questo mondo e occorre un contributo da tutti. Non ci si puo’ fermare alla repressione nel contrastare il fenomeno dei giovani imitatori di stili di vita violenti e dell’abbassamento dell’eta’ nella criminalita’ organizzata. Del resto, anche il modello di intervento sui minorenni deviati e’ quello del loro recupero”.
Per De Iesu, dunque, e’ fondamentale dare “segnali nei quartieri sensibili in cui si genera devianza, in cui c’e’ un uso indiscriminato di armi. Non mi appassiona la polemica tra chi e’ nato prima, se ‘Gomorra’ o la camorra. Il sistema dei clan e’ molto mutato dagli rispetto 40 anni fa e c’e’ un abbassamento dell’eta’ anagrafica. Questo genera piu’ allarme, maggiore percezione di insicurezza. Il problema e’ il controllo del territorio, per controllare lo spaccio di droga e quindi una fonte ingente di introiti”.
La serie legata allo scrittore Roberto Saviano, osserva il questore, “rappresenta un certo stile di vita. Manca un pezzo di quella vita, il contrasto di magistratura e forze dell’ordine. E’ una scelta degli autori e non intendo entrare nel merito, e’ legittima. ma manca un pezzo”. Dunque nelle aree a rischio di Napoli “bisogna sviluppare strategie di aggregazione e sensibilizzazione dei giovani per sottrarre i minori dalla chimera del facile guadagno”. Il modello esiste gia’, ricorda De Iesu, ed e’ quello del rione Sanita’ “dove noi accompagniamo un percorso di crescita. C’e’ azione repressiva intensificata, ci sono e ci saranno telecamere, ma ci sono anche i parroci, le iniziative, la musica e presto ci sara’ un progetto contro l’evasione scolastica”. Del resto, l’efficacia di intervento nella sensibilizzazione e’ gia’ stata dimostrata nel costante diminuire nel capoluogo e in provincia delle vittime dei ‘botti’ di fine anno’.
“Da tempo andiamo nelle scuole, soprattutto nelle medie inferiori dove e’ piu’ possibile lavorare efficacemente – spiega – e con un approccio crudo, mostrando concretamente le mani sfasciate, le dita amputate. E oggi registriamo 35 feriti, contro i 46 dello scorso anno, e un solo minorenne coinvolto. Dunque non e’ solo un problema di repressione, ma di attivita’ di rete per analizzare e interpretare la devianza giovanile che deturpa l’immagine della citta'”.


Articolo pubblicato il giorno 1 Gennaio 2018 - 14:18

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