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Indicato dall'ex ad di Consip, Luigi Marroni, come uno degli interlocutori che lo informarono di un'inchiesta in corso, Vannoni, che chiamò in causa l'allora sottosegretario Luca Lotti, venne ascoltato dai pm napoletani come persona informata dei fatti, cioè come testimone, dunque senza l'assistenza di un difensore. Secondo la procura generale della Cassazione c'erano però già allora gli elementi per iscriverlo nel registro degli indagati, cosa che poi fecero i pm romani. Per questo averlo sentito come testimone avrebbe leso le sue garanzie difensive. Woodcock deve rispondere anche di un'altra accusa. Si riferisce ad un articolo pubblicato il 13 aprile scorso dal quotidiano La Repubblica nel quale si riportavano frasi virgolettate del magistrato relative sempre alla vicenda Consip, che il pm avrebbe pronunciato parlando con alcuni colleghi. Erano giorni di polemiche accese, dopo la notizia che il capitano del Noe Gianpaolo Scafarto era indagato per falso a Roma per aver attribuito ad Alfredo Romeo, l'imprenditore al centro dell'inchiesta, un'affermazione su un incontro con il padre di Matteo Renzi, Tiziano, in realtà pronunciata da Italo Bocchino. Il quotidiano attribuì a Woodcock l'opinione che quel falso doveva essere il frutto di un mero errore, non certo di un depistaggio intenzionale. A maggio, dopo una relazione al Csm dell'allora procuratore reggente di Napoli Nunzio Fragliasso, il Pg della Cassazione avviò l'azione disciplinare, accusando il pm di un comportamento "gravemente scorretto": sia nei confronti di Fragliasso per non aver rispettato il suo invito a mantenere un assoluto riserbo con gli organi di informazione, sia nei confronti dei colleghi della procura di Roma per aver pubblicamente "contraddetto e svalutato l'impostazione dei magistrati della capitale".