Camorra, il boss Mazzarella si dissocia ed evita l’ergastolo

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Si è dissociato, ma non pentito, ha preso le distanze dalla famiglia e così ha ottenuto un clamoroso e consistente sconto di pena nel processo in Corte di Assise di Appello rimediando così all’ergastolo che gli era stato inflitto in primo grado. Si tratta del boss Francesco Mazzarella accusato di essere il mandante del duplice omicidio dei due fratelli rom innocenti, scelti a caso tra quelli che abitavano nel campo di Secondigliano solo per soddisfare il suo desiderio di vendetta  che pochi giorni prima, mentre era ai domiciliari e riposava in casa con moglie e figli, aveva subìto un furto in casa. Analogo risultato hanno ottenuto anche tre dei suoi fedelissimi che pure erano stati condannati al massimo della pena in primo grado ovvero: Alfonso Criscuolo, Giuseppe Di Vaio e Carlo Radice. Quattro gli omicidi al centro del processo: non solo l’agguato, avvenuto nel 2004, al campo rom di Secondigliano che ebbe come vittime i fratelli Mirko e Goran Radosavljevic, ma anche l’omicidio di Francesco Ferrone, ucciso il 3 febbraio 2004 nell’ufficio del garage in zona Mercato, e l’omicidio di Antonio Scafaro, ucciso il 6 marzo del 2005 sotto una raffica di proiettili in pieno giorno e tra la gente nella centralissima piazza Mercato. Le indagini hanno ricostruito, per questi due ultimi delitti, dinamica e movente riconducendoli agli scontri al tempo in atto con la famiglia dei Mauro di Forcella. E così grazie alla dissociazione e all’ammissione delle responsabilità in merito ai 4 delitti i giudici dell’Appello hanno riformulato le condanne: venti anni di carcere per Francesco Mazzarella, difeso dall’avvocato Antonio Briganti, per Alfonso Criscuolo, cognato di Mazzarella, difeso dall’avvocato Claudio Davino, e per Carlo Radice, difeso dall’avvocato Francesco Buonaiuto, e 15 anni di reclusione per Giuseppe Di Vaio, difeso dall’avvocato Raffaele Chiummariello. A vario titolo gli imputati rispondevano di omicidio. In primo grado erano stati condannati anche due ex affiliati passati nel frattempo a collaborare con la giustizia: Giuseppe Persico, s sedici anni di reclusione, e Errico Autiero, condannato a dodici anni.


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