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Ercolano, il boss Papale voleva tassare le piazze di spaccio dei propri affiliati

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C’è  stato un momento durante la sanguinosa faida di Ercolano in cui si è rischiato lo scontro interno nel clan Ascione-Papale tra il gruppo dei siciliani, ovvero quelli della famiglia papale e quelli che invece facevano capo a Ciro Montella ‘o lione. E’ stato il pentito Ciro Gaudino, ex killer della cosca a raccontare in aula al processo di Appello per l’omicidio di Giorgio Battaglia, alcuni retroscena inediti di quella vicenda.
“All’uscita dal carcere vole­vano che io posavo una parte dei miei giri delle piazze di spaccio a loro per mantenere i carcerati.Io ho fatto presento che  non pagavo a nessuno perché già mantenevo a mio cugino. Perché io quelle piazze me le ero conquistate con il san­gue. Avevo commesso reati per loro e non pagavo a nessuno.I miei amici stavano diventando i miei nemici. A
lla fine mi volevano ricattare, ma io non ho mai pagato nessuno.Così negli ultimi anni ho ragionato io”.Gaudino, il pentito che ha fat­to scoprire all’Antimafia una cava di rifiuti tossici sepolti sul Vesuvio, ha parlato anche del piano messo in atto dai Papale per provare a risollevare le sorti del clan dopo gli arresti che fecero seguito alle denunce dei commercianti coraggio. “I Papale nel 2013 hanno adottato un metodo: anche se non ti passavano la droga volevano un regalo a fine settimana”.
Nel 2014 Ciro Gaudi­no fu arrestato per l’omicidio di Giorgio  Battaglia ucciso l’8 marzo del 2009 fuori la chiesa di Pugliano. Pocio dopo il suo arresto Gaudino si pentì e grazie alle sue confessioni sono arrivati decine di arresti.

 

(nella foto da sinistra il boss Pietro Papale, il pentito Ciro Gaudino e Ciro Montella ‘ o lione)


Articolo pubblicato il giorno 2 Novembre 2017 - 10:35

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