Jabil, il vescovo di Caserta scrive in Usa: “No ai licenziamenti”

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Dopo aver scritto ai ministri del Lavoro e delle Imprese e del Made in Italy e ai parlamentari casertani, il vescovo di Caserta Pietro Lagnese torna sulla vicenda Jabil a pochi giorni dalla scadenza della cassa integrazione – martedì 31 gennaio – e dell’avvio dei licenziamenti decisi dalla multinazionale Usa per 190 dipendenti del sito di Marcianise (Caserta).

Il vescovo Lagnese scrive ai vertici della Jabil in USA

Ma per scongiurare i licenziamenti ormai imminenti, monsignor Lagnese si rivolge direttamente ai vertici della Jabil, ovvero all’amministratore delegato John Mahaz e al presidente Mark Mondello.

Chiesta “la sospensione dei licenziamenti e che si proceda, come suggerito dal Governo italiano, a richiedere un ulteriore periodo di cassa integrazione per valutare con attenzione soluzioni alternative ai licenziamenti”. Lagnese prova anche ad “umanizzare” la vicenda, e a toccare “corde profonde” dei dirigenti Usa, sottolineando anche quelle che sono le caratteristiche del Casertano.

    “Dietro questo numero – 190 – ci sono i volti e le storie di persone che soffrono – scrive il Vescovo – e, insieme alle loro famiglie, sono in pena e vivono momenti di agitazione. Si tratta di una situazione davvero difficile, anzi drammatica”.

    “In Italia cresce la povertà e, in particolare, sul territorio della provincia di Caserta dove insiste lo stabilimento di Marcianise; qui la ‘forbice’ delle disuguaglianze si sta sempre più divaricando, non solo per i redditi, ma soprattutto per la mancanza di lavoro”.

    “Come Chiesa tocchiamo con mano quotidianamente questo dramma sociale e vediamo aumentare, sotto i nostri occhi, sempre di più il numero dei poveri che bussano alla nostra Caritas. La soluzione non può essere però l’assistenza”.

    “All’emergenza che vivono tante famiglie non si può che rispondere con il lavoro: un lavoro stabile, equo, onesto e sicuro. La loro dignità, ha detto Papa Francesco, chiede un lavoro, e quindi un progetto in cui ciascuno sia valorizzato per quello che può offrire agli altri. Il lavoro è davvero unzione di dignità!”.

    “Sospendete i licenziamenti”

    Lagnese evidenzia come il caso di Jabil e quello di altre aziende casertane sia “emblematico di come il Meridione d’Italia e, in special modo, la provincia di Caserta – un tempo considerata tra le più floride imprenditorialmente – siano stati sistematicamente deindustrializzati”.

    “Questa nostra terra casertana grazie soprattutto alla testimonianza profetica – a volte vissuta fino al martirio – di tanti laici e sacerdoti in favore della giustizia e della pace sta provando a combattere una battaglia contro le organizzazioni illegali e malavitose che, come sappiamo – è successo tante volte e purtroppo succede ancora – soffocano la libertà e la dignità delle persone, avvelenano l’economia, schiavizzano i poveri e impediscono che si sviluppi il bene comune”.

    Il Vescovo fa riferimento poi alla lettera scritta da Mahaz ad inizio gennaio come risposta ad una precedente missiva dei dipendenti Jabil, che gli chiedevano perché la Jabil, multinazionale con 250mila dipendenti nel Mondo, non potesse portare più lavoro a Marcianise evitando i licenziamenti.

    Mahaz parlò allora di “decisione difficile da prendere, ma necessaria a salvaguardare il sito di Marcianise assicurandone la sostenibilità economica e lavorativa per i 250 dipendenti rimanenti”.

    “Ho letto la sua lettera di qualche settimana fa – scrive Lagnese – in risposta ai rappresentanti RSU. Apprezzo lo sforzo fatto dall’azienda per minimizzare l’impatto della crisi rinviando i licenziamenti in occasione dell’emergenza covid, promuovendo e finanziando programmi di reimpiego del personale in esubero”.

    “Nonostante ciò, siamo però oggi arrivati al più triste epilogo della vicenda che si potesse auspicare: 190 lavoratori fra poche ore saranno licenziati”.

    “In proposito intendo richiamare il magistero di Papa Francesco, il quale non si stanca di ripetere che non possiamo condannarci a modelli economici che concentrino il loro interesse esclusivamente sui profitti come unità di misura ignorando il costo umano, sociale e ambientale che questo comporta”.



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