Il giallo della morte di Ansaldi: l’ipotesi suicidio non convince

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L’ipotesi suicidio nell’inchiesta sulla morte del ginecologo napoletano Stefano Ansaldi è sempre meno credibile anche se possibile.

Il professionista era stato trovato morto a Milano lo scorso 19 dicembre nei pressi di via Macchi, zona ferrovia. L’indagine- come riporta Il Mattino- parte dalla ferita mortale alla gola parte da sinistra e il medico non era mancino. Inoltre, la presenza di tre graffi potrebbe rappresentare una titubanza da parte del medico, presumibilmente suicida, ad affondare la lama alla gola. Sicuramente però, la prova graffi risulta essere una elemento difficile da incastrare nella ricostruzione della morte di Stefano Ansaldi.

La vicenda presenta molti lati d’ombra e questo fa si che le indagini proseguano fittamente nella vita del professionista beneventano da anni a Napoli. La pista battuta dal pm milanese Scudieri, presenta uno scenario di omicidio volontario.

Ansaldi è morto a Milano ma aveva un appuntamento a Chiasso: doveva incontrare una persona per motivi di lavoro e, prima di prendere il treno, aveva confidato al suo autista napoletano: “Devo parlare con un amico di Dubai, che in questi giorni si trova in Svizzera”. Versione confermata dalla testimonianza fornita dall’uomo che avrebbe dovuto incontrare il ginecologo di origini beneventane.

    Fin qui, la ricostruzione appare chiara ma ci sono due tasselli su cui ora battono gli inquirenti e che riguardano le rotte aeree: quelle che da Lugano o da Milano conducono a Dubai.

    E’ proprio Dubai, in quanto meta da sempre preferita dalla camorra napoletana per investire e ripulire i soldi sporchi, attraverso i prestanome, (insospettabili professionisti dal volto pulito) che alimenta il dubbio che si sia trattato di suicidio.

    Era forse indebitato o costretto a fare qualcosa di estraneo alla sua etica al punto tale che l’unica soluzione poteva essere il suicidio o, sotto ricatto, è stato ammazzato?

    Un altro elemento poco chiaro è il suo cellulare che alle 16.30 smette di funzionare. Ritrovato il suo corpo con pochi soldi in tasca, un costoso orologio Rolex che teneva stretto tra le mani, una valigia con poche carte e due ricariche del telefonino. Poi c’è un’altra tessera del puzzle, che riguarda il coltello da cucina affondato nella sua gola risultato agli esami della scientifica senza impronte e oggetto estraneo ai parenti del medico morto.
    Ancora molte linee d’ombre sulla morte del ginecologo beneventano, un caso su cui anche la Procura di Napoli tiene accesi i riflettori, con le indagini della Dda.

     



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