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Tragedia del Faito, recuperata la cabina della morte

A otto mesi dal disastro che il 17 aprile 2025 costò la vita a quattro persone, elicotteri e vigili del fuoco riportano alla luce il carrello della cabina precipitata. Ora il reperto è sotto sigilli nello Spolettificio di Torre Annunziata: inizia la battaglia delle perizie tra accusati e parti offese.
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Castellammare– È iniziata questa mattina, con il rombo delle pale di un elicottero Drago dei Vigili del Fuoco, la fase più delicata dell’inchiesta sulla tragedia della funivia del Mottarone di Faito: il recupero del carrello della cabina che il 17 aprile 2025 si schiantò sul versante scosceso del Monte Faito, portando con sé quattro vite.

Quattro morti – il manovratore della funivia e tre turisti – e un quarto turista gravemente ferito: questo il bilancio di un incidente che ancora oggi grida vendetta. A otto mesi esatti dal disastro, il GIP del Tribunale di Torre Annunziata aveva disposto con incidente probatorio del 23 giugno 2025 una superperizia sul relitto, per capire se a cedere siano stati i freni, la fune traente, il sistema di sicurezza o – come sospetta la Procura – una combinazione letale di manutenzioni manchevoli e scelte scellerate.

Oggi, sotto lo sguardo dei periti nominati dal giudice e dei consulenti delle parti (indagati compresi), i vigili del fuoco del Comando provinciale di Napoli e del Nucleo elicotteri di Pontecagnano hanno portato a termine la prima, delicatissima fase: il carrello è stato imbragato, sollevato dal dirupo e trasportato via terra fino allo Spolettificio Militare di Torre Annunziata, dove resterà custodito in locali messi a disposizione dall’Esercito.

Nei prossimi giorni, meteo permettendo, toccherà alla cabina vera e propria e al traliccio di collegamento.

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Un’operazione al limite dell’impossibile: la cabina giaceva a mezza costa, in una giungla di rovi e massi instabili.

Prima di poter avvicinare il relitto, i pompieri hanno dovuto disboscare ettari di vegetazione, scalzare pietre pericolanti, montare ponteggi e scale per creare un corridoio sicuro fino al punto dell’impatto. Solo allora è stato possibile tagliare il traliccio e agganciare il carrello.Ora il reperto è sotto chiave.

I periti del Tribunale e i consulenti delle difese avranno finalmente tra le mani il “cuore” della funivia per capire cosa abbia trasformato una normale corsa panoramica in una caduta di oltre 300 metri.

Per gli indagati – tra cui figurano dirigenti e tecnici della società Eav che gestisce l’impianto – è l’inizio di una partita decisiva: da quelle lamiere potrebbe arrivare la prova della responsabilità o, al contrario, l’alibi che scagiona.La montagna, per ora, ha restituito il suo macabro segreto. La giustizia deve ancora pronunciare la sua sentenza.

RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il 2 Dicembre 2025 - 11:01 - Giuseppe Del Gaudio

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