Cronaca di Napoli

Rione Sanità: così il clan Sequino-Savarese ha ripreso il controllo del quartiere

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Nel cuore del Rione Sanità a Napoli, il clan Sequino-Savarese ha nuovamente preso piede, ricostruendo il proprio potere dopo gli arresti del 2019 e seminando paura tra i residenti; l'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Ivana Salvatore, che ha portato in carcere otto membri del clan.

Napoli - Il vuoto di potere dei clan di camorra lasciato dagli arresti del 2019 non è mai rimasto tale. Alla Sanità, uno dei quartieri storicamente più contesi dalla camorra napoletana, il controllo del territorio è stato rapidamente riconquistato da nuovi equilibri criminali, costruiti sulle alleanze, sulle scarcerazioni eccellenti e su una riorganizzazione armata che ha riportato la paura tra i vicoli.

È questa la fotografia che emerge dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Ivana Salvatore, che l’altro giorno ha portato in carcere otto esponenti del clan Sequino-Savarese, al termine di un’indagine nata dagli omicidi dei giovanissimi Emanuele Tufano ed Emanuele Durante, due delitti che hanno segnato una drammatica escalation criminale nel cuore del rione.

Il dopo-Mauro e la nascita del gruppo Savarese

Fino al novembre 2019 la Sanità era stata teatro di una lunga sequenza di operazioni giudiziarie culminate con la quarta e definitiva inchiesta contro il clan Mauro, ultimo sodalizio storico ad essere disarticolato. Ma quella fase repressiva, anziché chiudere la stagione della camorra nel quartiere, ne ha aperta un’altra.

Subito dopo gli arresti, il territorio è stato occupato da una nuova compagine criminale, formatasi attorno alla figura di Salvatore Savarese, detto ’o Mellone, nipote dell’omonimo boss della Sanità, classe 1953. Un gruppo armato che non agisce in autonomia, ma si colloca chiaramente nell’orbita del clan Mazzarella, ricevendone protezione, sostegno e direttive operative.

Un ruolo centrale, in questa fase, è ricoperto da Michele Mazzarella 'o fenomeno e dal suo storico referente Salvatore Barile, detto Totoriello, figure apicali di una consorteria che esercita un controllo egemonico su vaste aree della città.

Savarese torna in libertà il 7 novembre 2019, dopo anni di detenzione per gravi reati. La sua scarcerazione, combinata con la presenza sul territorio di emissari del clan Mazzarella, segna l’avvio di una nuova gestione degli affari illeciti alla Sanità: droga, estorsioni, controllo militare delle piazze.

I legami con il clan Sequino e la nuova rete criminale

Attorno a Savarese si aggregano uomini provenienti dal clan Sequino, storicamente radicato nel quartiere. Tra questi figurano Salvatore La Salvia, Luis Antonio Amodio, Gianluca Galeota, detto ’o Pedofilo, Gennaro De Marino, figlio di Ciro, e Salvatore Matrone, detto Sasone.

Non si tratta di figure marginali: La Salvia è cugino di Enrico La Salvia, mentre Amodio è figlio di Pasquale Amodio. Entrambi risultano già condannati per associazione camorristica come appartenenti al clan Sequino, circostanza che rafforza il dato di continuità criminale tra le vecchie e le nuove strutture.

L’irruzione di Pirozzi “’o Picuozzo” e la rottura con i Mazzarella

Un ulteriore passaggio chiave è rappresentato dalla scarcerazione di Vincenzo Pirozzi, detto ’o Picuozzo, nome storico della camorra della Sanità, già condannato per la partecipazione al clan Misso.

Pirozzi riesce, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, a emancipare il proprio gruppo dal controllo dei Mazzarella, acquisendo una sorta di titolarità criminale esclusiva sul rione. Un’ascesa che emerge da indagini ancora coperte da segreto, ma che modifica profondamente gli equilibri locali.

Le scarcerazioni a catena e la rinascita del clan Sequino

Tra il 2024 e l’inizio del 2025 il quadro cambia nuovamente. Tornano in libertà, uno dopo l’altro, numerosi esponenti di peso dei clan Sequino e Misso-Torino-Sequino: da Luigi Esposito, detto ’o Cinese, ad Antonio Esposito, ’o Barone, fino a Salvatore Pellecchia, figura centrale e destinata a diventare il perno della nuova fase criminale.

Proprio la scarcerazione di Pellecchia, il 22 gennaio 2025, imprime un’accelerazione decisiva alla ricostituzione del clan Sequino. In breve tempo, uomini come La Marca, Esposito, Minci, Esposito Ciro ‘o Macall’ riconquistano il controllo dell’area dei Vergini e soprattutto di via Santa Maria Antesaecula, storica roccaforte del clan.

L’alleanza con Pirozzi e il controllo militare del quartiere

Il gruppo di Pirozzi, inizialmente autonomo, finisce per fondersi o allearsi stabilmente con quello dei Sequino-Pellecchia. Un passaggio cruciale che emerge in modo netto da un’intercettazione ambientale del 12 aprile 2025, inserita negli atti dell’inchiesta sull’omicidio di Emanuele Durante.

Le intercettazioni: “Siamo una cosa sola”

In quella conversazione, che vede protagonisti i familiarid di Emanuele Durante raccontano l’incontro avuto con Savarese nei giorni successivi all’omicidio.

Savarese tenta di prendere le distanze dal delitto, sostenendo che né lui né Pirozzi fossero a conoscenza dell’agguato:

«Che ti disse Totore?»
«Che lui non sapeva niente.»
«Che non sapevano niente.»
«Mi fermò dietro la piazza… mi voleva fare le condoglianze e io non volli.»
«Disse: “Tuo figlio non doveva morire, non si meritava quello che gli hanno fatto, però ti giuro che noi non sapevamo niente. Né io né il Picuozzo”».

Parole che i genitori di Durante respingono con rabbia, convinti che chi comanda alla Sanità non possa ignorare un omicidio di quel peso:

«“Zeppole Anguille” non sapevano niente? O cazz ch’è cagato!»
«Voi comandate qua dentro e non sapevate niente?»

Ancora più significativo il passaggio in cui il padre della giovane vittima Emanuele Durante ricorda di aver contestato a Savarese l’evidente alleanza tra Pirozzi e Pellecchia:

«Scusa, gli dissi io: io ho visto ’o Picuozzo con questo Pellecchia, tutti uniti.»

La risposta, secca e inequivocabile, arriva dallo stesso Savarese:

«Siamo una cosa sola.»

Per gli investigatori, è la conferma definitiva dell’assetto criminale unitario che oggi controlla militarmente la Sanità.

Gli omicidi come messaggio al quartiere

L’omicidio di Emanuele Durante, spiegano i magistrati, non è soltanto la vendetta per la morte di Emanuele Tufano, nipote di Silvestro Pellecchia, esponente di vertice del clan Sequino. È soprattutto un messaggio al quartiere, un atto di forza finalizzato a ristabilire gerarchie e credibilità.

Un modo per riaffermare il dominio del clan dopo una fase di appannamento segnata da tensioni interne e dalla reticenza di alcuni affiliati che avevano osato sottrarsi alle regole del “sistema”.

Un segnale di sangue che ha riportato la camorra al centro della Sanità e che oggi trova una prima risposta giudiziaria negli arresti disposti dal gip. Ma la mappa criminale del quartiere, come emerge dall’ordinanza, resta fluida, complessa e ancora profondamente segnata dalla presenza dei clan.

(ndella foto da sinistra in alto Salvatore Savarese o' mellone, Salvatore Pellecchia e Silvestro Pellecchia; in basso da sinistra Vincenzo Pirozzi 'o picuozzo e le due giovani vittime Emanuele Tufano ed Emanuele Durante)

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Fonte REDAZIONE

Leggi i commenti

  • L'articolo descrive situazioni molto gravi e complicate, ma sembra che la gente non capisce che la camorra continua a influenzare la vita quotidiana. Bisogna riflettere su come fermare questo circolo vizioso di violenza.

    • La situazione è preoccupante, però ci sono anche persone che cercano di cambiare le cose. È importante dare voce a chi lotta contro la criminalità e non solo ascoltare le notizie negative.

  • Non buttate via la vita Napoli vi sta offrendo un sacco di possibilità in questo periodo è piena di turisti ,apriti un buco ed usa la tua napolitanieta, cucina rosticceria pasticceria b e b ecc . Siete ragazzi non vi suicidate.

  • Un appello ai giovani ... ragazzi si chiama MALAVITA perche' fa schifo. Se vi va bene trascorrerete gran parte della vostra vita in 4 mura chiuse da un cancello blindato, oppure andrete anzitempo al camposanto, traditi da quello che credete il vostro migliore amico.

  • Tutti ragazzini che buttano la loro vita sveglia anche Gennaro panzuto Ve lo spiega con il cucchiaio, svegliatevi che la vita è bella.

Pubblicato da
Giuseppe Del Gaudio