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Pagani, Gianni Conte conquista l’Auditorium Sant’Alfonso Maria de’ Liguori

Una serata di musica e solidarietà per la SLA
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Gianni Conte – celebre voce solista dell’Orchestra Italiana di Renzo Arbore -  pianoforte e voce, ha conquistato la platea dell’Auditorium Sant’Alfonso Maria De Liguori domenica 21 dicembre a Pagani.

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Lo spettacolo, organizzato da Alfonso Giannattasio – presidente dell’associazione “Amici a Teatro” e punto di riferimento artistico e culturale del territorio – nasce dalla collaborazione con AISLA, l’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, e dall’impegno che Giannattasio rinnova ogni anno nel promuovere un evento dedicato alla sensibilizzazione e al sostegno delle attività dell’associazione. I proventi della serata sono stati infatti interamente devoluti ad AISLA.

Gianni Conte, che fin dall’inizio ha instaurato con il pubblico un clima caloroso e complice, ha ribadito il piacere di essere presente a un’iniziativa benefica che ha definito “di quelle giuste”.

Il repertorio proposto dall’artista è stato ampio e variegato. Il pubblico, accolto nell’impeccabile Auditorium – luogo ideale per immergersi nella magia della musica – si è lasciato trasportare dalle suggestive note della tradizione partenopea. Con melodie celebri, romanze d’amore, brani storici e arrangiamenti originali, Gianni Conte ha reso omaggio a compositori come Ernesto Tagliaferri ed Ernesto Murolo, senza trascurare la rilettura contemporanea della musicalità napoletana proposta da artisti come Pino Daniele e Fabrizio De André, sottolineandone la forza espressiva.

Non sono mancati, inoltre, il poliedrico e cosmopolita Renato Carosone e il richiamo all’esperienza del cantante con Renzo Arbore, che ha segnato uno spaccato importante della sua trentennale carriera. Le radici musicali partenopee sono state protagoniste assolute di un viaggio canoro rispettoso e nostalgico, condotto come un autentico atto d’amore verso l’arte musicale e la città.

La musica e il bel canto hanno dunque animato e trascinato la platea in un clima da salotto napoletano. Il racconto di aneddoti personali da parte del protagonista ha trasformato il teatro in un luogo di incontro e condivisione, in cui sonorità e melodia sono state strumenti di unione.

Momenti di comicità spontanea ad opera di Rosario Battinelli e Rosaria Chianese, con la partecipazione dello stesso Giannattasio, hanno inoltre aggiunto leggerezza e sorpresa allo spettacolo, attraverso un divertente siparietto che ha messo in evidenza la capacità di Conte di stare al gioco con eleganza e ritmo scenico.

Lo spettacolo è stato molto più di un concerto. La musica si è inserita nella serata come un ponte: ha fatto sorridere, ha emozionato, ma soprattutto ha unito la platea nel finale, con il momento profondo e toccante generato dalla testimonianza di Patrizia  - suo marito ha scoperto di essere ammalato di SLA a soli 48 anni - presente in sala con il testo scritto da sua figlia Martina, che all’inizio dell’odissea familiare – circa dieci anni fa – aveva solo tredici anni.

La lettura declamata in sala si è abbattuta sul pubblico come un’onda silenziosa, grazie alla quale lo spettacolo ha assunto le sfumature di una testimonianza civile: un’espressione di speranza e di ricerca di libertà per chi vive la forza perversa di questa patologia, sia come persona colpita sia come caregiver.

Le parole di Martina, lette con voce ferma da Rosaria Chianese, hanno restituito la dimensione intima dell’articolato percorso a cui è stata sottoposta l’intera famiglia nei suoi diversi ruoli.

Nel tempo ho visto il corpo di mio padre cambiare. Prima una zoppia, poi una stampella, una sedia a rotelle, fino all’immobilità. Mentre lui perdeva forza, dentro di me cambiavano le emozioni. Alla rabbia si è sostituita la vergogna. […]Col tempo la vergogna ha lasciato spazio alla responsabilità. La mia famiglia è composta da quattro persone: mamma, papà, io – la figlia maggiore – e mio fratello. Essere la primogenita ha segnato profondamente il mio ruolo. […] Sono diventata la spalla destra di mia madre, quella su cui contare nei momenti più difficili.

Questo mi ha dato orgoglio, ma anche una stanchezza profonda. Essere figlia maggiore ha significato assumere quasi naturalmente il ruolo di chi dona cura. E ho capito una cosa importante: la cura non è solo amore, è anche una costruzione sociale, indipendentemente dall’età. Oggi, dopo quasi dieci anni dall’inizio della malattia, sento tutta la fatica di questo percorso.”

Il suggestivo momento è stato accompagnato dall’intervento della responsabile della sezione AISLA Salerno–Avellino–Benevento, la dott.ssa Pina Esposito, che ha ricordato l’importanza del supporto offerto dall’associazione alle famiglie colpite da SLA e della rete di aiuto che essa garantisce: ascolto, orientamento, presenza. Il suo intervento, accorato e diretto, è arrivato con la forza di un invito a conoscere più da vicino questa realtà attiva sul territorio.

“Per la Sla non esiste una guarigione, ma esiste il bisogno di cura: questo è inevitabile. Patrizia si è chiusa in protezione con la sua famiglia, ma allo stesso tempo è una donna che aiuta altre famiglie, racconta di cosa c’è bisogno, a chi bisogna rivolgersi, tutto ciò che serve per affrontare il percorso insieme agli altri. Per questo, in un certo senso, è anche un faro.

Quello che bisogna fare, come squadra  è provare ad immaginare, a comprendere che cosa vive Patrizia, cosa significa oscillare continuamente tra le esigenze fisiche e quelle lavorative, perché la vita deve comunque andare avanti. Oggi lei è qui a testimoniare tutto questo: suo figlio è a casa, e ogni scelta è un sacrificio. E quindi, se qualcuno riesce ad accoglierci, io vi ringrazio. Perché si tratta di amore, e l’amore è davvero il protagonista di questa serata.»

A pochi giorni dall’evento, e alla vigilia del Natale, la serata assume un significato ancora più profondo. La redazione di Cronache della Campania ha scelto di raccontare questa serata proprio oggi, un momento in cui l’attenzione verso l’altro si fa più intensa e il cuore è più disposto all’ascolto. Un modo per ricordare che uno spettacolo può dare voce non solo alla speranza, ma anche a quel dolore silenzioso che spesso resta nell’ombra.


Fonte REDAZIONE
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