Cronaca Giudiziaria

Irpinia, lo spaccio comandato dalla cella: stangata per il clan Marrone, inflitti 42 anni di carcere

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Napoli– Le sbarre del carcere di Bellizzi Irpino non erano un ostacolo, ma solo un ufficio distaccato da cui continuare a gestire il business della droga. È arrivata ieri la stangata giudiziaria per il gruppo criminale capeggiato da Americo Marrone, il ras di Altavilla Irpina che, nonostante la detenzione, continuava a muovere i fili dello spaccio in provincia di Avellino.

Il Gup del Tribunale di Napoli, Fabrizio Finamore, ha emesso condanne complessive per quasi 42 anni di reclusione, colpendo duramente il vertice e i gregari di quella che gli inquirenti hanno descritto come una "piazza di spaccio a conduzione familiare".

Le condanne

Al termine del processo celebrato con rito abbreviato – che prevede lo sconto di un terzo della pena – la mano del giudice è stata pesante, seppur limando le richieste iniziali della pubblica accusa. Ad Americo Marrone, considerato il regista indiscusso del sodalizio, sono stati inflitti 14 anni, un mese e 10 giorni di reclusione.

Non sono stati risparmiati i familiari più stretti, fondamentali per garantire il collegamento tra il carcere e la strada: la moglie del boss, Tiziana Porchi, ha incassato una condanna a 7 anni e due mesi, mentre il nipote, Valentino D’Angelo, dovrà scontare 6 anni e 8 mesi. Pene severe anche per gli altri componenti della rete: Aniello Manzo è stato condannato a 6 anni e 11 mesi, mentre per Francesco De Angelis la pena è di 6 anni, 11 mesi e 10 giorni.

La sentenza giunge al termine di una camera di consiglio iniziata dopo le arringhe del collegio difensivo, composto dagli avvocati Gaetano Aufiero, Loredana De Risi e Roberto Romano. A metà novembre, il pm della Dda Henry John Woodcock aveva invocato pene ancora più severe, chiedendo 18 anni per Marrone e condanne tra i 7 e i 9 anni per i complici.
Il verdetto conferma comunque l'impianto accusatorio, riconoscendo la gravità di un sistema criminale capace di operare in regime di detenzione.

Il sistema: "sim citofono" e ordini dalla cella

L'operazione che ha portato alle condanne di ieri era scattata lo scorso aprile, condotta dalla Squadra Mobile di Avellino sotto la guida del vice questore Aniello Ingenito. Le indagini avevano scoperchiato un meccanismo tanto semplice quanto efficace: Marrone non aveva mai smesso di essere il capo. Dalla sua cella nel penitenziario avellinese, impartiva ordini precisi utilizzando cellulari introdotti illegalmente.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il ruolo chiave era quello di Tiziana Porchi. La donna fungeva da "ufficiale di collegamento": non solo gestiva i messaggi del marito, ma si occupava di mantenere attiva una rete di comunicazione sicura. Il gruppo utilizzava schede sim intestate a prestanome stranieri, sostituite con frequenza quasi maniacale per eludere le intercettazioni. Una precauzione che, tuttavia, non è bastata a sfuggire ai radar dell'Antimafia, che ha intercettato e decodificato il flusso di ordini che partiva da Bellizzi Irpino per inondare di droga l’Irpinia.


Fonte REDAZIONE
Pubblicato da
A. Carlino