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Camorra, otto condanne al clan Angelino: “Tibiuccio” prende 10 anni. Solo un’assoluzione

Stangata (ma meno del previsto) per il gruppo che controllava racket e armi a Caivano. Il pentito Barra ricostruisce l’impero estorsivo e la latitanza armata del boss.
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Otto condanne, una sola assoluzione: il blitz giudiziario contro la cosca Angelino .Armi, racket capillare, minacce sistematiche: un territorio messo sotto pressione per garantirsi il controllo degli affari criminali a Caivano.

Il giudice per le indagini preliminari, accogliendo in larga parte la linea della Direzione Distrettuale Antimafia, ha emesso otto condanne nei confronti degli uomini del clan guidato da Antonio Angelino, detto “Tibiuccio”.

Le pene risultano però più basse rispetto alle richieste avanzate dal pubblico ministero, che in sede di requisitoria aveva sollecitato condanne molto più pesanti.

Gli imputati erano a vario titolo accusati di associazione mafiosa, estorsioni e tentate estorsioni, reati contestati nell'area di Caivano tra il 2021 e il 2022 grazie anche alla famigerata “lista del pizzo”.

Il pentito Barra: “Angelino incassava 20mila euro al mese in latitanza”

Le condanne si inseriscono in un quadro probatorio pesante, sostenuto dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giovanni Barra, che davanti ai magistrati ha ricostruito alcuni momenti chiave della gestione del clan.

Barra racconta un incontro del 6 luglio 2023, quando il boss Angelino – allora latitante – si sarebbe presentato armato di Kalashnikov e pistola 9x21, furioso per non aver ricevuto la consueta cifra di 20.000 euro, considerata un’entrata fissa tra traffico di droga ed estorsioni.

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“Angelino non aveva bisogno della lista delle estorsioni: conosceva a memoria tutte le vittime che dovevano pagare”, ha dichiarato il collaboratore.

Dopo l’arresto del boss, Barra riferisce di aver ritirato personalmente la lista del pizzo da Assunta Reccia, per garantire che il programma estorsivo continuasse senza interruzioni:
“Le dissi: ‘Adesso qui ci siamo noi’. Doveva parlare con me, ero io il referente di Angelino”.
Il pentito ha poi confermato un tentativo di riorganizzazione interna del racket:
“Proposi ad Angelino di occuparmi io di tutte le estorsioni: avrei sistemato il paese e gli avrei mandato 30.000 euro al mese”.

Una sentenza che pesa

Pur con pene più leggere rispetto all’impostazione dell’accusa, la sentenza fotografa un sistema criminale solido, ramificato e capace di mantenere il controllo del territorio anche durante la latitanza del suo capo.

Il processo, arrivato al primo grado, rappresenta un tassello decisivo nella strategia di contrasto alla camorra a Caivano, territorio da anni soffocato da estorsioni, traffici illeciti e da una “geografia del pizzo” che ora trova, almeno in parte, una risposta nelle aule di giustizia.

Le condanne

Giovanni Cipolletti – 13 anni
Antonio Angelino – 10 anni e 6 mesi (richiesta PM: 18 anni)
Michele Leodato – 8 anni e 8 mesi
Ferdinando Sorvillo – 8 anni e 2 mesi
Gaetano Angelino – 8 anni e 2 mesi
Aniello Leodato – 8 anni (richiesta PM: 12 anni)
Raffaele Lionelli – 8 anni
Massimiliano Volpicelli – 5 anni e 2 mesi
Ferdinando Grimaldi Capitello – assolto

RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il 9 Dicembre 2025 - 15:10 - Rosaria Federico

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