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Sequestrato macello a Sant'Antonio Abate: scaricava reflui tossici nel Sarno

Blitz dei carabinieri nell'ambito dell'operazione "Rinascita Sarno". Dieci dipendenti coinvolti, 50 tonnellate di carne al giorno prodotte in un impianto abusivo
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Sant'Antonio Abate - Un impianto di macellazione che scaricava illegalmente reflui industriali contaminati da sangue e urine direttamente nel fiume Sarno. È quanto hanno scoperto i Carabinieri del Gruppo per la Tutela dell'Ambiente di Napoli che questa mattina hanno sequestrato lo stabilimento della "IN.C.E.B. SUD s.r.l." a Sant'Antonio Abate, in provincia di Napoli.

L'operazione si inserisce nell'indagine "Rinascita Sarno", coordinata dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata, che da tempo sta cercando di individuare e bloccare le fonti di inquinamento del fiume più inquinato d'Europa.

Il sistema del bypass per aggirare la depurazione

Le indagini, condotte dai Carabinieri del NOE con il supporto tecnico dell'ARPA Campania, hanno rivelato un sistema studiato per eludere i costi di depurazione. L'azienda aveva realizzato un bypass attraverso il quale i reflui industriali venivano scaricati direttamente nella fognatura pubblica, senza alcun trattamento preventivo.

Le acque contaminate provenivano dal processo di lavorazione e dal dilavamento dei piazzali, cariche di residui organici degli animali macellati. Attraverso i canali fognari, questi scarichi raggiungevano poi il fiume Sarno, aggravandone ulteriormente lo stato di inquinamento.

Sostanze tossiche oltre i limiti di legge

Le analisi di laboratorio hanno documentato la presenza di numerose sostanze chimiche in concentrazioni ben oltre i limiti consentiti: azoto ammoniacale, ammoniaca, grassi animali e vegetali, oltre a residui organici.

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Le prove tossicologiche hanno confermato un'elevata pericolosità degli scarichi per l'ecosistema fluviale.

L'impianto, costruito in assenza di autorizzazioni urbanistiche ed edilizie, operava con dieci dipendenti e produceva circa 50 tonnellate di carcasse al giorno, il tutto senza le prescritte autorizzazioni allo scarico nei corpi idrici superficiali.

Un'indagine capillare sul bacino del Sarno

Il sequestro odierno rappresenta solo l'ultimo tassello di un'attività investigativa più ampia e strutturata, tuttora in corso, che mira a individuare tutte le fonti di inquinamento del fiume Sarno. L'indagine non si limita agli scarichi industriali, ma tiene conto anche dell'impatto degli scarichi fecali di alcuni comuni ancora privi di rete fognaria adeguata o non collegati ai depuratori.

I numeri dell'operazione "Rinascita Sarno" sono significativi: 325 controlli effettuati dalla sola Procura di Torre Annunziata, di cui 191 con esito negativo, 61 sequestri di aziende o impianti produttivi, 204 persone denunciate e 2 arresti. Tra i reati contestati figura anche quello di inquinamento ambientale, per il quale è già intervenuta una condanna in primo grado, confermata in appello.

Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Torre Annunziata ha ritenuto indispensabile il sequestro dell'azienda per evitare un'ulteriore compromissione dell'ambiente e del fiume Sarno, già gravemente danneggiato da decenni di scarichi illegali.

RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il 18 Novembre 2025 - 10:42 - Giuseppe Del Gaudio

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