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Napoli, allarme intossicazione da funghi: 25 casi in 5 giorni

L'ondata di avvelenamenti da funghi manda in tilt il Centro Antiveleni del Cardarelli. L'appello disperato dei medici: "Non rischiate, il controllo ASL è gratuito. Di Amanite e altri funghi velenosi si muore".
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Napoli - Venticinque casi in soli cinque giorni. È l’impressionante bilancio che mette in allarme rosso il Centro Antiveleni (CAV) del Cardarelli di Napoli, una delle strutture più importanti d’Italia, costretta in queste ore a un tour de force per fronteggiare un'ondata di intossicazioni da funghi velenosi.

Il boom di avvelenamenti è quasi interamente riconducibile a una prassi rischiosa: il consumo di funghi freschi raccolti in autonomia o ricevuti in dono senza alcuna verifica preventiva della loro commestibilità. Un gioco d'azzardo che, come sottolineano i medici, può avere conseguenze irreversibili o, peggio, fatali.

Il grido d'allarme dalla "TIGU-CAV"

"La stagione dei funghi è appena iniziata e abbiamo già registrato 25 segnalazioni negli ultimi 5 giorni," dichiara la dottoressa Anna Lanza, medico anestesista della "TIGU-CAV" (Terapia Intensiva e Grande Unità – Centro Antiveleni) diretta da Romolo Villani.

L'esperta lancia un monito che non ammette repliche: "Di funghi velenosi si muore, come nel caso delle specie riconducibili alla temibile famiglia delle Amanite.

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" Ma il pericolo non si ferma qui. L'ingestione di altre specie tossiche può causare gravi danni epatici – fino all'epatite fulminante – oltre a compromettere reni e il sistema neurologico.

Latenza ingannevole: il pericolo silenzioso

I medici sono chiari: la prevenzione è l'unica arma. L'appello è a usufruire del servizio micologico della ASL di competenza, che offre il riconoscimento dei funghi in modo completamente gratuito e qualificato.

Ma come riconoscere un’intossicazione? La dottoressa Lanza spiega la sintomatologia: "Si va dalla classica nausea, vomito, cefalea, dolori addominali, diarrea e malessere generalizzato. Alcuni funghi, però, possono dare anche problemi renali e neurologici."

Il fattore più insidioso è il periodo di latenza, l'intervallo di tempo tra l'ingestione e la comparsa dei sintomi. "Più i segni tardano a manifestarsi," avverte Lanza, "più è possibile che si sia in presenza di un problema serio." In molti casi, i sintomi possono insorgere anche 12, 18 o addirittura 24 ore dopo il pasto, a volte preceduti da una fase intermedia di apparente benessere che induce a sottovalutare la gravità della situazione. Non esitate mai a recarvi in ospedale in caso di minimo sospetto.

Articolo pubblicato il 11 Novembre 2025 - 13:40 - A. Carlino

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