Avellino– Un vero e proprio "sistema" per frodare le compagnie, costruito su incidenti stradali mai avvenuti, con un copione fisso e un cast di attori e testimoni reclutati ad hoc.
Lo ha smantellato la Procura di Avellino, con un’operazione che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di ben 135 persone. Tre, invece, le ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari, firmate dal gip Mauro Tringali su richiesta del procuratore Domenico Airoma.
Finiscono ai domiciliari i due presunti cervelli dell’organizzazione: i fratelli Antonello e Massimo Leone, rispettivamente avvocato e titolare di un’agenzia assicurativa, entrambi residenti a Quindici. Con loro, Giuseppe Graziano, 45enne di Taurano.
A loro carico il capo d’imputazione più grave: associazione per delinquere finalizzata a una serie indeterminata di frodi assicurative, falsi ideologici e materiali e false testimonianze.
Secondo gli investigatori del commissariato di Lauro, guidato dal vicequestore Elio Iannuzzi, i tre sarebbero i registi di un meccanismo criminale collaudato. «Procacciavano, anche dietro compenso, i soggetti disponibili a rivestire la qualità di attori o testimoni nei falsi sinistri», si legge nell’ordinanza. Non solo: trovavano anche i veicoli da dichiarare coinvolti e i luoghi dove nasconderli in attesa dei sopralluoghi peritali.
Il cast, una volta reclutato, recitava la sua parte. Sono una quarantina, in un solo anno, i sinistri denunciati e mai realmente accaduti. Le dinamiche erano sempre simili, al punto da insospettire l’Area Antifrode della Cattolica Assicurazioni di Verona.
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Molti incidenti seguivano sempre lo stesso schema: i nomi che ricorrevano erano spesso gli stessi, familiari che testimoniavano a favore dei congiunti, persone coinvolte in più sinistri a poca distanza di tempo, lesioni identiche.
L’indagine, nata da questa segnalazione, ha fatto emergere un quadro ancor più vasto. Oltre ai tre arrestati, sono finiti nel mirino della Procura altri sei avvocati e due medici. Per i legali, l’accusa è di aver patrocinato i "danneggiati", presentando alle compagnie le pratiche di risarcimento per sinistri inesistenti, complete di tutta la documentazione necessaria.
I due medici, invece, avrebbero certificato «il prosieguo e l’aggravamento delle conseguenze derivanti dai sinistri stradali mai avvenuti», fornendo così il "supporto sanitario" alla macchina delle frodi.
Per i due camici bianchi, tuttavia, il gip Tringali non ha ritenuto al momento sufficienti elementi per applicare una misura cautelare, rigettando le richieste della Procura dopo gli interrogatori.
Per tutti gli altri indagati – le 135 persone che avrebbero finto di essere vittime o fornito falsa testimonianza – si apre ora la fase delle difese. Molti di loro, secondo l’accusa, sono stati agganciati perché in condizioni di bisogno, attirati dalla promessa di un compenso.
Le conseguenze dell’inchiesta non sono solo penali. Il gip ha infatti disposto anche il ritiro di 30 patenti di guida, una misura che colpisce direttamente chi ha messo a disposizione la propria vettura o la propria figura per il "copione" del finto incidente.






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