Napoli – Un verdetto che squarcia il velo su protocolli sanitari controversi e silenzi ospedalieri: il Tribunale Civile di Napoli ha concluso che una "carenza assistenziale" ha dimezzato, almeno del 20%, le chance di sopravvivenza di Alfredo Fico, il ragazzo di 25 anni morto il 9 aprile 2019 nel reparto psichiatrico dell'Ospedale del Mare, dopo essere stato sottoposto a un Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) con sedazione e contenzione meccanica.
I consulenti del giudice, in una perizia depositata oggi, puntano il dito su un "mancato monitoraggio pedissequo all'ECG" nella fase post-critica, che avrebbe dovuto scrutare l'intervallo QT – quel lasso di tempo in cui i ventricoli del cuore si contraggono e si rilassano, un indicatore chiave per rischi aritmici in pazienti sotto psicofarmaci. "Il comportamento dei sanitari non è stato negligente nella fase acuta", ammettono gli esperti, "ma quel gap nel controllo ha determinato un sensibile calo delle probabilità di un 'migliore risultato atteso'".
La famiglia di Alfredo, difesa dall'avvocato Amedeo Di Pietro – lo stesso legale che ieri ha annunciato un esposto per un caso analogo – ha accolto la proposta di risarcimento all'Asl Napoli 1 Centro come un primo passo verso giustizia, anche se amaro. "Il TSO è stato imposto senza le autorizzazioni necessarie", denuncia Di Pietro, contattato da questa redazione nel pomeriggio.
"Alfredo arrivò in ospedale il 28 marzo, in preda a una crisi pantoclastica: un impulso irrefrenabile a distruggere tutto intorno a sé, che si ripeteva in loop. Somministrarono farmaci, poi la sedazione e i legacci al lettino. La mattina del decesso, durante il giro routine, lo trovarono senza vita, ancora vincolato come un pacco dimenticato".
I genitori, un operaio in pensione e una casalinga del Rione Sanità, hanno vissuto questi sei anni come un calvario: denunce archiviate, inchieste penali ferme, e un lutto che riecheggia nelle aule di tribunale.Non è un caso isolato, e il precedente "ieri" lo rende un campanello d'allarme assordante.
Proprio il 10 ottobre, Di Pietro ha reso pubblica la denuncia per la morte di una 39enne napoletana – nome fittizio Cristina per tutelare la privacy – deceduta il 12 settembre scorso nello stesso Pronto Soccorso dell'Ospedale del Mare.Potrebbe interessarti
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"Troppe ombre", tuona l'avvocato, che vede nei due episodi un pattern di "contenzione mortale": protocolli di emergenza applicati con fretta, senza alternative de-escalation, in un ospedale già crocevia di polemiche. La famiglia della donna, originaria dei Quartieri Spagnoli, chiede "verità e rispetto per la dignità umana", come ha ribadito in un'intervista a un quotidiano locale, puntando su un'autopsia che potrebbe rivelare complicanze da farmaci o stress fisico.
'Ospedale del Mare, fiore all'occhiello del piano De Luca per il decentramento sanitario, si trova di nuovo sotto i riflettori per tragedie legate al TSO – quel dispositivo di legge (art. 34 del Decreto Basaglia) che autorizza interventi coatti per chi rischia per sé o per gli altri, ma spesso al confine con l'abuso.
Basti pensare a Salvatore D'Aniello, un altro 39enne morto nel giugno 2021 nello stesso reparto psichiatrico, dopo un TSO per disturbo bipolare: la famiglia denunciò "negligenza" e legacci eccessivi, con un'inchiesta che si concluse in un nulla di fatto. Casi come questi, accumulati negli anni, dipingono un quadro allarmante: tra il 2019 e il 2025, almeno quattro decessi sospetti post-TSO a Napoli, con picchi di denunce durante la pandemia, quando i reparti erano al collasso e il personale esausto.
"Le chance perse non si compensano con un assegno", riflette Di Pietro, che stima il risarcimento per i Fico tra i 200mila e i 300mila euro, da negoziare con l'Asl. Ma il legale non si ferma: "Chiediamo riforme urgenti sui protocolli di contenzione, formazione obbligatoria sul trauma indotto e monitoraggi ECG in tempo reale per pazienti a rischio".
L'Asl Napoli 1, contattata, ha replicato con una nota laconica: "Accoglieremo la proposta del giudice per una conciliazione bonaria, confermando che i protocolli sono stati rispettati". Intanto, il Forum Diritti e Salute Mentale di Napoli – che ha seguito il caso della 39enne – annuncia una manifestazione il 18 ottobre davanti all'ospedale: "Basta morti in catene. La salute mentale non è una prigione".
A Napoli, città di vulcani emotivi e contraddizioni, queste storie di TSO letali riaccendono il dibattito su un sistema sanitario che corre troppo, legando corpi e speranze. Per la famiglia Fico, è un barlume dopo l'oscurità: "Alfredo meritava di vivere, non di essere un numero in una perizia". L'udienza per la convalida del risarcimento è fissata al 25 novembre. Fino ad allora, l'Ospedale del Mare resta un simbolo ambiguo: salvezza per migliaia, trappola per troppi. E le famiglie, unite dal dolore, vigilano.
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