

Nell'immagine, un contesto collegato ai fatti.
È un grido d’allarme, quello lanciato dal garante dei detenuti della Campania Samuele Ciambriello, dopo l’ennesima tragedia avvenuta la scorsa notte nel carcere di Ariano Irpino, dove un detenuto nigeriano, padre di due figli, si è tolto la vita: “La vera emergenza nelle carceri italiane si chiama suicidio.”
“L’epidemia dei suicidi – scrive Ciambriello in una nota – sembra non arrestarsi. È un pugno nello stomaco che passa nell’indifferenza della politica e della società civile. E ciò che è ancora più grave è che il governo nega persino che esista un allarme”. Il garante richiama le parole del presidente Sergio Mattarella, che aveva invitato al “rispetto della dignità di ogni persona, anche di chi si trova in carcere”, sottolineando come “l’alto numero di suicidi sia la prova di condizioni inammissibili, tra cui il sovraffollamento”.
“Parliamo di numeri che raccontano un supplizio infinito – aggiunge Ciambriello –. E se sommiamo ai suicidi le 36 morti in carcere ancora da chiarire, la dimensione della tragedia è evidente. Si continua a morire dietro le sbarre, spesso nel silenzio.” Il garante chiama in causa direttamente la politica, chiedendo un cambio di rotta profondo: “Servono più educatori, psicologi e mediatori linguistici. Non basta costruire nuove carceri o vantarsi di qualche ristrutturazione. È urgente investire nelle misure alternative alla detenzione e nel sostegno umano e psicologico ai detenuti. Solo così si può fermare questa strage silenziosa.”