Un nuovo studio sul bradisismo ai Campi Flegrei
C'è un "punto debole" nel cuore roccioso dei Campi Flegrei, una zona fragile e permeabile che funziona come un accumulatore di energia e fluidi, spiegando gran parte dei fenomeni che da decenni allarmano l'area a ovest di Napoli, dal sollevamento del suolo alla frequente micro-sismicità.
A svelarlo è una pionieristica ricerca multidisciplinare dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), presentata in anteprima al recente Congresso Nazionale Congiunto della Società Geologica Italiana e della Società Italiana di Mineralogia e Petrologia, tenutosi a Padova.
Lo studio, guidato dal ricercatore Gianmarco Buono, ha ricostruito per la prima volta la struttura delle rocce crostali della caldera fino a 3-4 chilometri di profondità, combinando tecniche d'avanguardia. Il team ha accoppiato innovative analisi di laboratorio in 4D – vere e proprie TAC 3D eseguite su campioni di roccia mentre erano sottoposti a sollecitazioni meccaniche – con immagini sismiche 3D ad alta risoluzione dell’intero sottosuolo.
"Queste indagini hanno rivelato, a partire da circa 2.5 km di profondità, l'esistenza di strati crostali sorprendentemente meno resistenti e più permeabili del previsto", spiega Gianmarco Buono.
"Le nostre simulazioni numeriche indicano che, nel corso della storia geologica della caldera, numerose piccole intrusioni magmatiche si siano arrestate proprio in questa zona, contribuendo progressivamente al suo indebolimento".
Questo "strato debole" si è rivelato la chiave per interpretare il complesso comportamento dei Campi Flegrei. La sua minore resistenza e la sua permeabilità lo rendono una zona ideale per l'accumulo di fluidi magmatici profondi e vapori idrotermali. Durante le cosiddette "crisi bradisismiche", l'aumento di pressione in questo serbatoio profondo è in grado di innescare il rigonfiamento (sollevamento) del suolo e la fratturazione delle rocce, con la conseguente attività sismica.
"Questo strato non è solo cruciale per comprendere il bradisismo, ma potrebbe influenzare anche eventuali future risalite di magma verso la superficie", precisa Buono. "La sua presenza può deviare, rallentare o favorire la migrazione del magma, condizionando potenzialmente la dinamica eruttiva".
La ricerca colloca la scoperta nel contesto della pericolosità di uno dei sistemi vulcanici più monitorati al mondo. "Le caldere, come quella dei Campi Flegrei, sono responsabili delle eruzioni più catastrofiche sulla Terra", ricorda il ricercatore
. Dopo l'ultima eruzione del 1538, l'area ha vissuto diverse crisi bradisismiche, come quelle del 1950-52, 1970-72 e la ben nota del 1982-84, che portò all'evacuazione del centro di Pozzuoli.
"Dal 2005, è in corso una nuova fase critica", conclude Buono, "caratterizzata da un progressivo sollevamento del suolo, un aumento della sismicità e un'intensificazione dell'attività idrotermale.
Comprendere l'architettura profonda della caldera, strato per strato, è fondamentale per affinare i nostri modelli previsionali e valutare con maggiore precisione l'evoluzione di questa crisi". La mappatura di questo "tallone d'Achille" della crosta flegrea rappresenta dunque un decisivo passo avanti nella lunga sfida per convivere con un gigante inquieto.