

nella foto amianto a volla
Nola– Una sentenza che vale una vita, e che arriva a rendere giustizia dopo otto anni dal decesso. Il Tribunale di Nola ha condannato Nuova Sacelit S.r.l. e Italcementi S.p.A. a risarcire con oltre un milione di euro i familiari di S.M., l'elettricista morto di mesotelioma pleurico dopo aver lavorato per quasi vent'anni nello stabilimento di Volla, esposto all'amianto senza alcuna protezione.
Una vittoria legale, figlia di una tragedia familiare. S.M. ha lavorato nello stabilimento Sacelit dal 1974 al 1992, operando in reparti ad alta polverosità e dedicandosi alla manutenzione degli impianti.
Per due decenni, inalando ogni giorno le fibre killer dell'amianto, senza che le aziende fornisse adeguate misure di sicurezza. Nel 2016, il verdetto crudele: mesotelioma pleurico, un tumore aggressivo e incurabile direttamente legato all'esposizione all'asbesto. Nonostante le cure, S.M. è morto il 30 luglio 2017, lasciando la moglie e tre figli.
La sentenza del Tribunale di Nola non si limita a un risarcimento economico, per quanto consistente. È un atto di accusa preciso sul piano giuridico: le aziende sono state ritenute responsabili per la violazione degli obblighi di sicurezza sul lavoro. La corte ha accertato la "mancata tutela della salute" del lavoratore, stabilendo un nesso causale inequivocabile tra la prolungata esposizione alle polveri d'amianto e la malattia mortale.
Particolarmente significativo il riconoscimento della responsabilità solidale di Italcementi, in quanto società controllante che, a giudizio del tribunale, aveva una "ingerenza nella gestione della sicurezza" dello stabilimento di Volla. Una condanna che allarga il perimetro della colpa anche alla capogruppo.
"Questa sentenza rappresenta un atto di giustizia che arriva dopo anni di dolore e di attesa". Così Ezio Bonanni, presidente dell'Osservatorio Nazionale Amianto (Ona) e legale della famiglia, commenta la decisione.
"È il riconoscimento – sottolinea Bonanni – non solo della responsabilità di chi ha esposto i lavoratori a un pericoloso cancerogeno, ma anche della sofferenza profonda di un'intera famiglia costretta a convivere con la perdita e con l'ingiustizia. Ogni decisione come questa restituisce dignità alle vittime".
La storia di S.M. era già stata ufficialmente riconosciuta dall'Inail, che aveva confermato l'origine professionale del mesotelioma, e il suo nome è iscritto nel Registro Regionale dei Mesoteliomi della Campania, tragica mappa di un'epidemia silenziosa.
"Dietro ogni sentenza – conclude Bonanni – ci sono volti, famiglie, vite spezzate, ma anche la speranza che simili tragedie non si ripetano più. Continueremo a batterci in tutta Italia per la tutela delle vittime e dei loro diritti". Un monito affinché la sicurezza sul lavoro non sia più un optional, e un doveroso risarcimento per una famiglia a cui è stato tolto tutto.