Napoli– Una raffica di sconti di pena ha segnato il secondo grado di giudizio per la holding criminale capeggiata da Salvatore Romano, alias “Totore Marlboro”, che aveva trasformato la periferia nord di Napoli in un’autostrada per il traffico di cocaina.
La sentenza emessa dalla quinta sezione della Corte d’Appello di Napoli, presieduta dal giudice Montefusco, ha rideterminato le condanne inflitte in primo grado a luglio 2024 nel rito abbreviato, accogliendo in gran parte le richieste delle difese e riconoscendo le attenuanti generiche.
Un duro colpo per l’accusa, che aveva chiesto pene ben più severe, inclusa una condanna a 18 anni per Giuseppina Esposito, moglie di Romano, già scagionata in primo grado dall’accusa di associazione per delinquere
.Le condanne: da 9 qnni e mezzo a 2 anni e 10 mesi
La Corte ha ridisegnato il quadro punitivo per i membri del sodalizio criminale, che operava come un’efficiente rete di spaccio, soprannominata dai suoi stessi componenti “i rider della droga”.
Salvatore Romano, alias “Totore Marlboro”, capo indiscusso della holding, difeso dagli avvocati Leopoldo Perone e Luca Mottola: 9 anni e 6 mesi di reclusione. Una pena significativamente ridotta rispetto al primo grado, grazie al riconoscimento delle attenuanti.
Daniele Romano, figlio di Salvatore, difeso da Perone e Domenico Dello Iacono: 9 anni e 6 mesi, in linea con la condanna del padre, con cui condivideva il ruolo di vertice nell’organizzazione.
Antonio Russo, difeso dall’avvocato Mottola: 6 anni e 5 mesi, in continuazione con un’altra sentenza. La sua posizione è stata alleggerita rispetto alle richieste iniziali dell’accusa.
Cristofaro Alfano, difeso dall’avvocato Carlo Bianco: 6 anni e 3 mesi, anche in questo caso in continuazione con altra sentenza, beneficiando di una riduzione rispetto al primo grado.
Giuseppina Esposito, moglie di Salvatore Romano, difesa da Mottola e Perone: 2 anni e 10 mesi.Potrebbe interessarti
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Un’organizzazione da “Delivery” della cocaina
L’indagine, condotta con intercettazioni e pedinamenti, ha svelato un’organizzazione criminale strutturata come un vero e proprio servizio di delivery, con base operativa a San Pietro a Patierno. “A livello di cocaina non ce n’è per nessuno,” si vantavano i membri del gruppo, ignari delle microspie delle forze dell’ordine.
La rete gestita dai Romano inondava di cocaina le periferie nord di Napoli – da Secondigliano a San Carlo all’Arena, Vasto, Arenaccia, Poggioreale, fino a Casoria e Casavatore – grazie a un sistema collaudato: un centralino riceveva gli ordini, mentre i “rider” consegnavano la droga direttamente a domicilio, esclusivamente cocaina di alta qualità.
La battaglia in aula
Il processo di primo grado, celebrato con rito abbreviato, aveva portato a condanne complessive per oltre mezzo secolo di carcere. Tuttavia, in appello, le difese hanno ottenuto un’importante rimodulazione delle pene, sfruttando il riconoscimento delle attenuanti generiche e contestando con successo alcune aggravanti.
Particolarmente significativa la posizione di Giuseppina Esposito: il pm aveva impugnato l’assoluzione di primo grado dall’accusa associativa, chiedendo una condanna esemplare, ma i giudici hanno confermato la linea della difesa, limitando la pena a reati minori.
(nella foto da sinistra Salvatore Romano, Giuseppina Esposito, Daniele Romano, Cristoforo Alano e Antonio Russo)







Commenti (1)
E’ strano come la giustizia a volte sembri favorire chi commette reati gravi, riducendo le pene. La riduzione delle condanne non sembra giusta, specialmente considerando la gravità del traffico di droga in queste aree.