nella foto l'ex finanziere Christian Sodano e le due vittime
Cisterna di Latina – Un ergastolo senza sconti, ma senza il crisma della premeditazione. Si è chiusa con questa sentenza della Corte d’Assise di Latina, presieduta dal giudice Gian Luca Soana, la vicenda che il 13 febbraio 2024 sconvolse Cisterna di Latina, macchiando di sangue un villino nella quiete del quartiere San Valentino.
Quella sera, Christian Sodano, all’epora 28enne sottoufficiale della Guardia di Finanza, irruppe in casa dell’ex fidanzata, Desireè Amato. Un accesso di violenza cieca e improvvisa che si abbatté sulle uniche persone presenti: Nicoletta Zomparelli, 46 anni, madre di Desireè, e la giovane sorella di lei, Renèe Amato, di soli 19 anni.
Entrambe furono uccise, colpevoli solo di essere gli affetti più cari della ragazza che aveva deciso di interrompere la relazione.
Desireè, per un tragico scampo del destino, non era in casa in quel momento o riuscì a fuggire, salvando la propria vita mentre quella della sua famiglia veniva spezzata. Un dettaglio che rende la strage ancor più agghiacciante, dipingendo il ritratto di una furia omicida che, non trovando l'obiettivo primario, si è scatenata contro chi gli era vicino.
Al termine del processo e della camera di consiglio, il giudice Soana ha letto la sentenza che condanna all'ergastolo Christian Sodano, difeso dagli avvocati Lucio Teson e Leonardo Palombi.
La Corte, tuttavia, ha operato una fondamentale distinzione giuridica: è stata esclusa l’aggravante della premeditazione. Questo significa che i giudici non hanno ritenuto provato che l’ex finanziere avesse pianificato meticolosamente i delitti in anticipo.
La condanna è stata però inasprita dal riconoscimento unanime di un’altra aggravante: l’abiezione e la futilità dei motivi. Una definizione tecnica che racchiude una verità drammatica: gli omicidi sono stati commessi per una ragione giudicata "banale, miserabile e socialmente riprovevole", come un risentimento personale, una rabbia cieca o un rifiuto amoroso, in questo caso la fine della relazione con Desireè.
La sentenza, attesa e temuta, mette fine al primo capitolo giudiziario di una storia di ordinaria follia che ha segnato per sempre la vita di Desireè Amato e delle loro famiglie. L’ergastolo, nonostante l’esclusione della premeditazione, rappresenta la massima pena prevista dall’ordinamento italiano e sancisce la gravità incontestabile di un gesto che ha privato due donne della loro vita e una comunità della sua serenità.
Il dibattito processuale, ora, si sposterà probabilmente sulle corti di appello, dove la difesa cercherà di impugnare la sentenza. Ma per le strade di Cisterna di Latina, e nel cuore di chi ha conosciuto Nicoletta e Renèe, oggi è un giorno in cui la giustizia ha parlato, tentando di portare un barlume di pace dopo l'irrompere di una violenza incomprensibile.
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E un caso davvero tragico e inquietante, fa riflettere su quanto possano essere imprevedibili le persone. La giustizia ha fatto il suo corso, ma il dolore per le vittime rimane. Non si può ignorare la gravità di questi eventi.