Napoli - Oggi come nella primavera del 2023 nelle strade del centro storico della città, tra vicoli e piazze che da sempre rappresentano crocevia di affari e di sangue, il nome dei Mazzarella continua a risuonare come un marchio di potere.
Non si tratta solo di un cognome, ma di un simbolo: un brand criminale che evoca paura, rispetto e, soprattutto, la forza intimidatoria di un cartello che da decenni governa territori nevralgici del centro cittadino.
Le intercettazioni raccolte dagli investigatori dopo le ultime stese e ferimenti soprattutto nella zona dei Quartieri Spagnoli raccontano un mondo in cui ogni gesto, ogni parola, perfino una banale mancanza di rispetto da parte di un ragazzo estraneo a dinamiche camorristiche, può trasformarsi in un affronto da lavare col fuoco.
Per i Mazzarella, l’onore del clan non è negoziabile: una questione che travalica il singolo episodio e che investe la credibilità dell’intera organizzazione.
Basta rileggere e analizzare le oltre mille pagine dell'ordinanza cautelare che nel luglio scorso ha portato in carcere boss e gregari della cosca dei Mazzarella per capire le nuove dinamiche criminali di Napoli centro.
"Non possiamo far passare nulla, altrimenti perdiamo la faccia", è la filosofia che emerge dalle conversazioni captate. Un dogma che impone reazioni immediate e plateali, anche quando l’episodio non colpisce direttamente un affiliato. Basta che accada nel territorio del clan, perché la risposta diventi obbligata: un segnale necessario a ribadire la supremazia sulle strade.
La regola del sangue
Dall'ordinanza emerge come la leadership dei Mazzarella sia sorretta da un principio semplice e crudele: nessun torto può restare impunito. Non importa che a subirlo sia un soldato del clan, un parente o un semplice conoscente. L’ombra di un’offesa, se non vendicata, rischierebbe di intaccare quel capitale di paura che da sempre rappresenta la vera ricchezza della famiglia.
In alcuni casi, la risposta prende la forma di vere e proprie spedizioni punitive, azioni di fuoco pensate per “dare l’esempio”. In altri, la dimostrazione di forza si concretizza in parate armate, cortei improvvisati che attraversano i quartieri più popolosi di Napoli, con kalashnikov e pistole in bella vista.
Queste sortite hanno un obiettivo preciso: mostrare la compattezza del cartello, composto dalle diverse famiglie affiliate – i Caldarelli, i Buonerba, gli D’Amico/Mazzarella – unite sotto un’unica regia. È una forma di propaganda criminale che parla al popolo dei vicoli e ai clan rivali: “noi siamo qui, siamo tanti, siamo armati e pronti a difendere il nostro territorio”.
Il peso del nome
Il marchio “Mazzarella” è così radicato nell’immaginario cittadino che perfino la sua storpiatura rappresenta un oltraggio. Le carte dell’inchiesta raccontano di episodi in cui affiliati hanno preteso scuse da giovani estranei al crimine, colpevoli soltanto di aver pronunciato male quel cognome. Per il clan, un simile gesto non è mai una banalità: è un segnale di disprezzo che, se ignorato, rischierebbe di incrinare la reputazione del gruppo.
È in questa logica che ogni episodio diventa occasione per riaffermare il dominio: che si tratti di un insulto, di un’aggressione o di una semplice mancanza di rispetto, la reazione deve essere immediata, eclatante, esemplare.
Un equilibrio fragile
Ma dietro la facciata di compattezza si nasconde un equilibrio delicato. La necessità di mostrare forza verso l’esterno spesso coincide con la volontà di consolidare i rapporti interni tra le famiglie del cartello.
In questo quadro, l’ascesa di Luciano Barattolo, detto “o’ barattolo”, nominato da pochi mesi reggente operativo, ha rappresentato una fase di transizione complessa: il giovane boss ha dovuto dimostrare di saper incarnare la tradizione di un clan che non tollera esitazioni né debolezze.
Le intercettazioni lo ritraggono mentre cerca di mediare, comandare, imporsi, consapevole che ogni passo falso può diventare pretesto per i rivali interni ed esterni. Il suo compito non è solo quello di gestire affari illeciti, ma di tenere alta la bandiera del clan, custodire l’aura di timore che circonda i Mazzarella e far rispettare regole che, da Forcella ai Quartieri Spagnoli, valgono quanto e più di una legge dello Stato.
La stesa ai Quartieri Spagnoli del giugno 2023
La sera del 27 giugno 2023 Napoli visse l’ennesima dimostrazione di forza della camorra. Una scena che, se non fosse stata documentata dalle intercettazioni e dai rapporti investigativi, sembrerebbe tratta da un film sulla criminalità organizzata: uomini armati, affiliati a diverse famiglie, riuniti per attraversare i vicoli dei Quartieri Spagnoli in una vera e propria “parata” di potere.
La chiamata alle armi
La decisione maturò nei giorni precedenti, quando all’interno del clan si fece strada la convinzione che fosse necessario “dare un esempio”.Potrebbe interessarti
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Le intercettazioni del 3 giugno 2023 avevano già rivelato l’intenzione. Durante una conversazione, Eduardo Buonerba, figura di spicco della famiglia omonima, discusse con alcuni affiliati di un’ambasciata non meglio precisata. Le parole furono inequivocabili:
"Qua bisogna sparare, si deve dare l’esempio fuori", diceva un uomo.
Era il segnale di un clima rovente, un preludio alla mossa plateale che sarebbe arrivata qualche settimana dopo.
Il corteo del cartello
Il 27 giugno, decine di affiliati si mossero come un unico corpo. Non un’azione isolata, ma un’iniziativa corale che vide scendere in strada esponenti di tutte le famiglie del cartello Mazzarella: i Caldarelli, i Buonerba, i D’Amico/Mazzarella.
Il gruppo si radunò in via Montecalvario, cuore pulsante dei Quartieri Spagnoli. Lì, sotto gli occhi attoniti di chi assisteva, si svolse una vera e propria scorreria armata. Pistole e mitragliette non vennero usate, ma esibite: il messaggio non era quello di colpire, bensì di far sapere a tutti che il clan era vivo, compatto e pronto a reagire.
Alla scena parteciparono nomi di peso: Luciano Barattolo , da pochi mesi designato reggente operativo; Antonio Bonavolta, detto ’o scensore, addetto alla riscossione delle mesate; Pasquale Buonerba e Salvatore Di Caprio, in rappresentanza della zona di via Carbonara ;Vincenzo “Lulù” Caldarelli, figura storica delle Case Nuove; Antonio “Tonino ’o 38” Cozzolino, genero di Salvatore D’Amico, detto ’o pirata.
e ancora esponenti provenienti da San Giovanni a Teduccio, Forcella, Tribunali, Mercato e Quartieri Spagnoli. Una formazione eterogenea ma compatta, un mosaico criminale che mostrava la forza dell’alleanza.
L’incontro con Pietro Savio
Dopo la stesa, Barattolo si recò presso l’abitazione di Pietro Savio, figura vicina al clan e all’epoca sottoposta agli arresti domiciliari. L’incontro, avvenuto proprio nel cuore dei Quartieri Spagnoli, suggellava il significato dell’azione: non solo una prova di forza, ma anche una riaffermazione del controllo sulle zone strategiche della città.
Il messaggio era chiaro: i Mazzarella sono ancora padroni del centro storico, nessuno può permettersi di ignorarli.
Le reazioni interne
Nei giorni successivi, le intercettazioni raccontano i retroscena di quella notte. Il 29 giugno, Eduardo Buonerba commentò con l’amico Postiglione la valenza dimostrativa dell’incursione.
Il giorno dopo, il 30 giugno, lo stesso Eduardo ne discusse con il fratello Pasquale, che aveva preso parte al corteo armato. In quell’occasione, Buonerba espresse dubbi sulla leadership di Barattolo:
"È troppo spavaldo, immaturo. Non ha fatto abbastanza galera", osservava, quasi a sottolineare che l’autorità, nel mondo criminale, si misura anche con gli anni trascorsi dietro le sbarre.
Il significato della stesa
L’episodio del 27 giugno non fu un gesto isolato, ma la rappresentazione plastica di una strategia. La camorra sa che la paura è più efficace del piombo, e la scelta di sfilare in armi per i vicoli di Napoli serviva a consolidare due messaggi:
Verso l’esterno: nessuno può sfidare i Mazzarella senza pagarne le conseguenze.
Verso l’interno: le famiglie affiliate devono mostrare compattezza e riconoscere la leadership del cartello.
Un rituale criminale che, agli occhi degli investigatori, assume un valore cruciale: dimostra come la forza dei clan non si esprima solo con i delitti, ma con la capacità di controllare simboli, spazi e linguaggi.







Commenti (1)
L’articolo tratta una tematica complessa e delicata. I Mazzarella sono un esempio di come la criminalità possa infiltrarsi nella società. Tuttavia, sarebbe interessante capire meglio come le famiglie riescono a mantenere il controllo su un territorio così vasto e difficile.