Parole che bruciano più della fiamma del Vesuvio
Ci sono tragedie che distruggono boschi, case e vite. E poi ci sono parole che distruggono qualcosa di ancora più fragile: la nostra umanità.
L’incendio che sta devastando il Vesuvio, già preso di mira nel 2017 con l’incendio che allora interessò il lato “torrese” tra Torre del Greco, Ercolano e comuni limitrofi, ha lasciato dietro di sé ettari di verde ridotti in cenere, animali uccisi dal fumo, famiglie con le finestre chiuse per non respirare la polvere dell’inferno.
Mentre centinaia di volontari, vigili del fuoco e cittadini si stanno spezzando la schiena per contenere le fiamme, qualcuno ha trovato il tempo — e soprattutto il coraggio vigliacco — di scrivere sui social: “Perche’ non è lava ?”
Certe frasi non meritano neanche la dignità di essere definite opinioni. Sono sputi virtuali sulla faccia di chi vive in quei luoghi, su chi li ama, su chi li difende ogni giorno. Sono la prova che, per alcuni, il dolore altrui è solo carburante per la propria frustrazione tossica.
Chi scrive certe cose non sta “facendo satira” e non sta “dicendo quello che pensa senza filtri perchè siamo in una democrazia e c’è libertà di parola” , ata semplicemente dimostrando di non avere né empatia, né rispetto, né cultura. Non è una persona che merità di vivere in un paese civile, non è una persona che dovrebbe poter avere il diritto di guidare, di crescere figli, di lavorare, perchè fuori dal mondo, fuori dalle regole che l’umanità sta dimenticando . Ci sono dei paletti, la libertà di parola non può essere scambiata con la libertà di sputare in faccia agli altri, di dire le cretinate che si hanno in testa solo perchè vigliaccamente si pensa di poterla fare franca nascosti dietro ad un telefono o un computer : ci vuole una certa intelligenza per capire che, dietro un rogo, c’è la sofferenza di un territorio, di chi lo abita e di chi lo difende, e spesso questi roghi nascondono anche ben altro . E quella intelligenza, qui, non si vede nemmeno con il binocolo.
È storia, è identità, è memoria. È il profilo che ogni napoletano riconosce anche ad occhi chiusi, è la cornice naturale che accoglie milioni di turisti, è un simbolo che sopravvive a millenni di eruzioni e catastrofi. Chi augura la sua distruzione non sta insultando solo una montagna: sta colpendo un popolo intero.
Dietro a quelle frasi, quasi sempre, ci sono facce coperte da nickname, foto profilo inesistenti o immagini rubate. L’anonimato è il costume di carnevale perfetto per chi non saprebbe reggere nemmeno cinque secondi di confronto nella vita reale. Perché, al di fuori dello schermo, certe frasi non le si dice guardando negli occhi qualcuno — a meno di non essere pronti a reggere il peso della vergogna e il coraggio di prendere un pugno in faccia se ci si imbatte nella persona sbagliata e nel posto sbagliato.
Per fortuna, c’è stata anche un’ondata di risposte indignate, di segnalazioni, di messaggi di vicinanza. Gente che non ha accettato di lasciare il campo all’odio gratuito. Perché il web amplifica tutto: il veleno, ma anche gli anticorpi, e probabilmente articoli come questo si spera possano innescare l’effetto contrario, far capire che quando succedono queste cose , cose serie, gravi, questi commenti, sparate, dirette vanno stoppate sul nascere.
E allora, a chi ha scritto “peccato sia solo un incendio”, diciamo questo:
Il Vesuvio rinascerà, come ha sempre fatto. Gli alberi torneranno a crescere, gli animali torneranno a correre liberi, la vita tornerà a colorare ogni pendice. Voi, invece, resterete uguali: aridi, spenti, e così insignificanti che neppure un incendio riuscirebbe a farvi sembrare vivi.
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