Ponticelli torna a far sentire la propria presenza il clan De Micco-De Martino. A far scattare l’allarme tra gli investigatori è stata la recente scarcerazione di Omar Marino, 50 anni, figura di primo piano dell’organizzazione criminale nota come il clan dei “Bodo”.
Un ritorno che ha già innescato tensioni e timori nel quartiere e tra gli ambienti della criminalità organizzata locale.
Marino, considerato uno dei capipiazza più influenti della cosca, è tornato in libertà la scorsa settimana grazie a un colpo di scena giudiziario. La sesta sezione penale della Corte d’appello di Napoli ha accolto l’istanza del suo difensore, l’avvocato Luca Gili, riconoscendo il vincolo della continuazione tra i reati per i quali era stato condannato con sentenze definitive.
La pena complessiva è stata così rideterminata in 10 anni e 8 mesi, già integralmente scontata grazie anche al cosiddetto “presofferto”. Marino è quindi uscito di prigione in anticipo rispetto alla scadenza originaria della condanna.
La sua scarcerazione potrebbe rappresentare un punto di svolta per il clan, già provato da una serie di arresti che ne avevano disarticolato la struttura. Secondo fonti investigative, la presenza di Marino sul territorio avrebbe già dato impulso a una nuova stagione del racket.
Diverse segnalazioni parlano di un aumento delle richieste estorsive rivolte ai gestori delle piazze di spaccio sotto il controllo dei De Micco-De Martino. “È aumentato tutto, e quindi aumenta anche quello che ci dovete pagare per lavorare per noi”, sarebbe il messaggio intimidatorio rivolto a pusher e referenti del narcotraffico.
Chi si rifiuta di pagare rischia grosso: le minacce, raccontano alcune fonti, arrivano fin dentro le abitazioni, alimentando un clima di terrore che ricorda i periodi più bui della faida tra clan rivali.
Omar Marino non è un nome nuovo per le forze dell’ordine. La sua fedeltà al clan De Micco è documentata da decenni di attività criminale. Emblematico uno degli episodi più gravi che lo vide protagonista: il sequestro di Massimo Clemente, avvenuto oltre dieci anni fa.
Omar Marino protagonista del sequestro di Massimo Clemente
Secondo la ricostruzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Marino, insieme al complice Ciro Cirelli, costrinse Clemente a salire su un’auto e lo tenne segregato per oltre un’ora in un garage, allo scopo di estorcere denaro al fratello Salvatore, gestore di una piazza di spaccio nel Parco Conocal. Una rappresaglia pianificata anche per colpire il clan rivale D’Amico, noto come i “Fraulella”, allora egemone proprio nell’area del Conocal.
Nonostante la vittima non avesse sporto denuncia, l’indagine fu portata avanti grazie a intercettazioni e indizi raccolti dalla polizia del commissariato Ponticelli. Il sequestro emerse nel contesto di un’altra indagine su estorsioni ai danni degli spacciatori del gruppo avversario.
Alla fine, furono gli stessi fratelli Clemente, incalzati dagli investigatori, ad ammettere i fatti, pur senza fare nomi. Fu la polizia a identificare i responsabili e a fornire alla DDA gli elementi necessari per l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare. Marino e Cirelli vennero condannati in appello a 7 anni e 4 mesi.
Il passato criminale di Marino è costellato di episodi violenti. Il più eclatante risale al 24 febbraio 2008, quando fece irruzione all’ospedale Villa Betania e sparò a un infermiere, colpevole – secondo lui – di aver intrattenuto una relazione con la sorella.
Oggi il suo ritorno a Ponticelli potrebbe segnare una nuova fase nella riorganizzazione del clan De Micco-De Martino. Una fase segnata da minacce, estorsioni e nuove tensioni nei fragili equilibri criminali dell’area orientale di Napoli. Gli investigatori sono in allerta: il rischio che il clan torni a occupare un ruolo centrale nello scenario camorristico cittadino è più che concreto.
Articolo pubblicato da Giuseppe Del Gaudio il giorno 5 Agosto 2025 - 06:35
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