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Tv, presentato il format “Radix – Un viaggio”



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Il format ideato e condotto da Edoardo Sylos Labini unisce teatro, musica e narrazione digitale per raccontare l’identità culturale nascosta nei piccoli centri italiani.

Presentati presso gli studi Rai di Napoli i palinsesti per la stagione televisiva 2025/2026. L’attenzione quest’anno è rivolta in particolare al comparto Contenuti digitali e transmediali, diretto da Marcello Ciannamea.

L’obiettivo dichiarato è trasformare questa area in un laboratorio di sperimentazione editoriale, fondato sulla contaminazione tra linguaggi e sull’adozione di una grammatica digitale capace di dialogare con le nuove generazioni, in particolare il pubblico Young Adult (fascia 18–34 anni).


Tra le novità più allettanti presenti nel catalogo, spicca Radix – Un viaggio identitario, un format culturale e performativo che andrà in onda in seconda serata su Rai 3 dal 7 ottobre al 4 novembre 2025, con due appuntamenti settimanali. Ideato e condotto da Edoardo Sylos Labini per la regia di Anna Abbate, il programma esplora le radici dell’identità italiana attraverso un tour nei piccoli comuni, che rappresentano il 90% del tessuto urbano nazionale. Un progetto transmediale che unisce teatro, musica dal vivo, video arte e interviste, portando sullo schermo una narrazione ibrida tra varietà culturale e documentario.

Abbiamo intervistato il protagonista del progetto, Edoardo Sylos Labini, per approfondire i contenuti e la visione di Radix.

Il format “Radix” attraversa i particolarismi dell’Italia locale. Qual è la missione centrale di questo progetto?

«”Radix” è un viaggio dentro le storie e i personaggi che hanno lasciato un’impronta profonda nelle piccole città italiane. Il nostro Paese è composto per il 90% da comuni con meno di 20.000 abitanti: borghi che spesso custodiscono figure e vicende di straordinaria rilevanza storica e culturale, anche a livello internazionale.

Il linguaggio del format è innovativo: mescola teatro, musica originale del maestro Colicchio, interviste a grandi personaggi come Espa, Caprioglio, Tognazzi, Saturnino e altri, il tutto con un’estetica visiva ispirata al mondo di Quake e “Matrix”. Il titolo stesso, “Radix”, ha una matrice latina, ma lo stile è profondamente contemporaneo»

Può anticiparci alcuni luoghi o figure che saranno protagonisti delle puntate? Ci sono storie che l’hanno colpita in particolare?

«Tra le tappe che mi hanno colpito c’è Chioggia, dove raccontiamo Carlo Goldoni e le sue “Baruffe chiozzotte”, ma anche la figura di Eleonora Duse. Il viaggio parte però da Pomezia, la mia città natale. A Pratica di Mare, secondo la leggenda, sbarcò Enea per fondare Lavinium. Qui riposa Sergio Leone e sempre in zona, a Torvaianica, Ugo Tognazzi fondò negli anni ’70 il celebre villaggio Tognazzi. Ogni città, anche la più piccola, custodisce storie sorprendenti. Il nostro intento è farle emergere e restituirle alla memoria collettiva»

Il programma sembra voler rilanciare l’importanza di preservare e, al contempo, valorizzare il particolarismo identitario dei borghi e delle comunità locali nell’epoca della globalizzazione. È corretto?

«Assolutamente sì. Questa è una battaglia culturale che porto avanti da anni, anche attraverso la rivista “Cultura e Identità”. Nell’epoca della globalizzazione, è fondamentale riscoprire e valorizzare le piccole comunità: sono il cuore pulsante dell’Italia autentica. Durante il periodo della pandemia, molte persone hanno riscoperto il proprio paese d’origine, e in molti casi ci sono rimaste. Come diceva Maccari già cent’anni fa, il “paese”, o lo “strapaese”, è ancora una straordinaria risorsa identitaria»

“Radix” è parte integrante del nuovo comparto digitale e transmediale su cui la Rai sta puntando. Come si differenzia questo format dalla serialità televisiva tradizionale?

«Come è stato sottolineato anche dall’amministratore delegato Rai in conferenza stampa, “Radix” nasce per RaiPlay ed è pensato per un pubblico under 35. È un modo per raccontare la nostra storia ai giovani, spesso poco informati o formati in maniera superficiale su temi identitari. Il linguaggio è completamente diverso: è crossmediale e unisce teatro, musica, giornalismo, documentario urbano e narrazione visuale. Non è solo televisione, ma una vera e propria esperienza narrativa multicanale»

La Rai sembra voler coniugare memoria e innovazione. Crede che questa sia la nuova missione del Servizio Pubblico?

«Sì, senza dubbio. È questo il nuovo immaginario della Rai: unire la forza della tradizione con le sperimentazioni contemporanee. Il passato non deve essere dimenticato, ma reinterpretato alla luce dei nuovi linguaggi e delle nuove piattaforme»

Ci sono altri progetti che desidera condividere con il pubblico?

«Sì, desidero segnalare un altro appuntamento per me molto importante: il mio spettacolo teatrale su Gabriele D’Annunzio, che sarà trasmesso in diretta dal Vittoriale degli Italiani. L’evento andrà in onda il 12 settembre su Rai 3, mentre il 10 settembre sarà visibile in anteprima su RaiPlay. Anche in questo caso, la scelta è quella di raccontare una grande figura della cultura italiana attraverso una fusione di linguaggi scenici e digitali. Sempre nel segno della tradizione che dialoga con l’innovazione»

RIPRODUZIONE RISERVATA
Articolo pubblicato il giorno 9 Luglio 2025 - 16:06


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