Nuove regole per la disciplina scolastica in Italia
La scuola italiana si prepara a una piccola rivoluzione disciplinare. Da settembre, con l’entrata in vigore della riforma voluta dal ministro Valditara, comportamenti scorretti non saranno più puniti solo con note e sospensioni, ma con qualcosa di più concreto: lavori socialmente utili (come i pregiudicati detenuti verso la fine della pena), esami di recupero e, nei casi più gravi, la bocciatura automatica.
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Un cambio di passo netto, che punta a riportare la disciplina in cima alle priorità educative. Ma servirà davvero? O si rischia di confondere l’educazione con la semplice punizione?
Chi alle superiori chiuderà l’anno con un 6 in comportamento non potrà essere promosso direttamente a giugno. Dovrà invece dimostrare di aver migliorato il proprio atteggiamento sostenendo, a settembre, una prova aggiuntiva: un elaborato su temi di cittadinanza attiva, legato alle mancanze commesse.
Con un 5, invece, niente sconti: la bocciatura sarà automatica. E già dal primo quadrimestre, se la condotta è insufficiente, scatteranno attività obbligatorie di recupero. Insomma, il comportamento diventa una materia come le altre, da “ripassare” se non si è all’altezza.
Anche le sanzioni cambiano volto. Se uno studente viene sospeso per più di due giorni, non resterà a casa a oziare: dovrà svolgere attività educative o di volontariato presso enti del terzo settore
. Se non se ne trovano, toccherà rendersi utili tra i banchi, con lavori interni alla scuola. L’idea è trasformare la punizione in un’occasione di crescita, sostituendo l’espulsione temporanea con qualcosa di costruttivo.
La stretta non riguarda solo le superiori. Alle medie, dove è tornato il voto numerico in condotta, e all’esame di Stato, dove un comportamento sotto il 9 ridurrà i crediti necessari per ambire al massimo dei voti. Le scuole, intanto, hanno un mese di tempo per adeguare i regolamenti.
Il ministro Valditara parla di un “segnale forte”: “Il rispetto per le persone e le istituzioni è imprescindibile”. Ma al di là delle buone intenzioni, resta una domanda: basta inasprire le conseguenze per risolvere il problema?
Certo, dare un peso concreto al comportamento può essere un deterrente, ma educare non significa solo sanzionare. Servirebbero più risorse per il supporto psicologico, progetti di mediazione dei conflitti, un dialogo reale tra studenti e docenti. Perché il rischio è che, senza un lavoro più profondo, queste misure finiscano per essere percepite come una semplice umiliazione, anziché un’opportunità di redenzione.
La scuola ha bisogno di autorevolezza, non solo di autorità. La domanda è: questa riforma costruisce la prima, o si limita a imporre la seconda?
Giuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca”
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