Accendiamo i riflettori su chi non ha voce
Il giornalista e conduttore Salvo Sottile racconta la nuova stagione del programma d’inchiesta di Rai 3, tra denuncia sociale, indagini sul campo e difesa dei più fragili. Presso gli studi Rai di Napoli sono stati ufficialmente presentati i palinsesti per la stagione televisiva 2025/2026.
Per la sezione Approfondimento, il direttore Paolo Corsini ha sottolineato come l’offerta si presenti rinnovata nei linguaggi e nei format ma sempre fedele alla missione del Servizio Pubblico: qualità dell’informazione, pluralismo delle voci e autorevolezza dei contenuti. Tra le novità più attese spicca Far West, il programma condotto da Salvo Sottile, che tornerà su Rai 3 a partire da venerdì 3 ottobre 2025, in prima serata alle 21:15.
Un viaggio nelle “terre di confine” d’Italia, dove le regole sembrano sospese e a pagare sono spesso i più fragili. Inchieste, testimonianze e reportage accompagneranno il racconto di Sottile, affiancato da una squadra di giovani inviati. Abbiamo incontrato il conduttore e giornalista, che ci ha parlato della nuova stagione del programma.
Quali saranno le novità del nuovo ciclo di puntate di Far West? Qual è la linea editoriale che intendete mantenere?
«Stiamo lavorando alla preparazione di una nuova serie di puntate. Anche questa volta manterremo saldo il nostro obiettivo principale: la ricerca della verità, attraverso l’inchiesta e l’esplorazione diretta del territorio. Vogliamo continuare ad accendere i riflettori su realtà poco conosciute, sia dal punto di vista geografico che sociale. Spesso, infatti, ci sono storie che restano nell’ombra e meritano invece attenzione e ascolto»
Quali tematiche affronterete nei prossimi episodi? Ci sono filoni particolari che avete scelto di approfondire?
«Continueremo a indagare temi attuali e sensibili, come il mondo dei social network, i cosiddetti guaritori e le ‘malattie estreme’, con particolare attenzione a chi sostiene di avere soluzioni miracolose. Il nostro intento è quello di offrire un’alternativa alle fake news e alla disinformazione, che si diffondono in maniera rapidissima soprattutto online, sfruttando spesso la credulità popolare»
In un panorama mediatico dominato dalla velocità dei social, quanto è difficile per la televisione d’inchiesta stare al passo senza rinunciare alla qualità?
«È una sfida complessa. Oggi abbiamo strumenti come smartphone e social media che permettono la diffusione immediata delle notizie. La televisione, per restare competitiva, deve necessariamente adeguarsi a questa rapidità. Non possiamo rinunciare alla qualità. È fondamentale mantenere standard elevati sia nella realizzazione tecnica dei servizi, sia nella costruzione delle inchieste. Qualità e profondità devono restare i nostri fari».
Che consiglio darebbe alle nuove generazioni di giornalisti che vogliono intraprendere un percorso nella cronaca giudiziaria o nel giornalismo d’inchiesta?
«Il mio consiglio è quello di armarsi di molta pazienza. Oggi fare giornalismo d’inchiesta è difficile: l’offerta è enorme, ma la domanda è scarsa. Le opportunità sono meno rispetto a quando ho cominciato io, 35 anni fa. Non bisogna scoraggiarsi. Chi ha passione, rigore e determinazione deve andare avanti. La costanza è la qualità più importante in questo mestiere».
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