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Napoli, tragedia al Vomero: ecco chi sono i tre operai morti

Si chiamavano Ciro Pierro, 62 anni, originario di Calvizzano; Luigi Romano, 67 anni, di Arzano; e Vincenzo Del Grosso, 56 anni, residente a Napoli
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La notizia in breve

  • Tre operai (Ciro, Luigi, Vincenzo) sono morti in un incidente sul lavoro a Napoli, cadendo da un'altezza di 20 metri durante i lavori di manutenzione.
  • La Procura di Napoli indaga su un possibile cedimento strutturale del montacarichi, evidenziando l'emergenza delle morti bianche e l'urgenza di migliorare la sicurezza nei luoghi di lavoro.

Napoli – Si chiamavano Ciro Pierro, 62 anni, originario di Calvizzano; Luigi Romano, 67 anni, di Arzano; e Vincenzo Del Grosso, 56 anni, residente a Napoli.

Sono loro le vittime del grave incidente sul lavoro avvenuto questa mattina nel quartiere Vomero, dove i tre operai sono precipitati nel vuoto da un’altezza di circa venti metri mentre stavano lavorando alla manutenzione del tetto di un palazzo di sei piani, tra via Domenico Fontana e via San Giacomo dei Capri.

Secondo una prima ricostruzione degli investigatori, i tre lavoratori si trovavano su un ponteggio mobile dotato di cestello, intento a sollevare un rotolo di bitume fino al tetto dello stabile. Proprio durante questa operazione, il montacarichi si sarebbe sganciato all’improvviso, probabilmente a causa di un cedimento strutturale della colonna portante, forse sollecitata oltre la propria capacità di carico.

 Il montacarichi affittato presso un’altra azienda

dai primi accertamenti è emerso che il montacarichi era stato affittato dalla ditta aggiudicatrice dei lavori presso un’altra impresa. E su questo e sulle rispetto delle normativo anti infortunistiche che si concentrano le indagini degli investigatori.

Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, che hanno potuto soltanto constatare il decesso dei tre operai. La Procura di Napoli ha aperto un’inchiesta per accertare dinamica e responsabilità, affidando il fascicolo alla Sezione “Lavoro e colpe professionali”, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Antonio Ricci e del sostituto procuratore Stella Castaldo.

Morire di lavoro, una ferita che non si rimargina

Ancora tre morti. Ancora una volta operai, ancora una volta in pieno orario di lavoro, mentre svolgevano un’attività ordinaria come la manutenzione di un tetto. Le prime ipotesi parlano di un cedimento strutturale, forse legato a un sovraccarico. Ma, al di là delle cause tecniche e delle responsabilità che saranno accertate dalla magistratura, resta un fatto inaccettabile: si continua a morire di lavoro, troppo spesso e troppo in silenzio.

Non si tratta di fatalità, ma di un’emergenza nazionale. Le morti bianche – così definite, con un linguaggio che le svuota di peso e dramma – sono la conseguenza diretta di un sistema che ancora oggi, nel 2025, non riesce a garantire condizioni minime di sicurezza nei cantieri, nei magazzini, nei campi, nelle fabbriche.

Le vittime di oggi si chiamavano Ciro, Luigi e Vincenzo. Avevano una famiglia, una vita, progetti. Erano padri, mariti, colleghi. Hanno lasciato la casa questa mattina per andare a lavorare e non sono più tornati. È a loro, e a tutti gli altri come loro, che il Paese deve risposte vere, concrete. Non solo parole di cordoglio.

Serve un salto culturale, prima ancora che normativo. La sicurezza sul lavoro non può essere vista come un costo, ma come un diritto. E ogni morte evitabile rappresenta una sconfitta per tutti: per le istituzioni, per le imprese, per la società civile. Perché nessuno dovrebbe morire per guadagnarsi da vivere.

RIPRODUZIONE RISERVATA
Articolo pubblicato da Giuseppe Del Gaudio il giorno 25 Luglio 2025 - 16:17


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