Firenze – Dopo la colata detritica di inizio luglio, da stamani il Centro per la Protezione civile dell’Università di Firenze ha installato, nel Comune di San Vito di Cadore (Belluno), un radar interferometrico per il monitoraggio della cima della Croda Marcora.
Si tratta di un sistema che realizza “mappe controllando circa un milione di punti su cui, per ogni punto, viene misurato lo spostamento”. In pratica “si producono mappe di spostamento del terreno. E noi l’abbiamo puntato sulla Croda Marcora, ovvero il rilievo che incombe sulla strada statale Alemagna”.
Lo spiega all’Agenzia Dire Nicola Casagli, geologo e presidente del centro dell’Università di Firenze, ovvero uno dei centri di competenza della Protezione civile nazionale a cui è stato affidato l’incarico di seguire la situazione per dare supporto alla Regione Veneto e ai sindaci.
“La colata di detriti che ha invaso la strada è stata innescata da una serie di grossi crolli di blocchi di roccia. Quindi se non crolla la roccia e se non piove, la strada è ragionevolmente percorribile”.
Tuttavia, osserva lo scienziato, che è anche presidente dell’Ogs (l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale) e membro della commissione grandi rischi che supporta la Protezione civile, “se ci sono dei crolli è necessario rilevarli prima” del distacco, visto che questi “possono riattivare la colata che può arrivare alla strada”.
In pratica il radar, mappando gli spostamenti del terreno può innescare un pre-allarme su nuove colate che potrebbero interessare il servizio proprio a questo e non è sufficiente, visto che è necessario monitorare anche la colata”, cosa che spetta alla Provincia.
La colata che può arrivare sulla strada, prosegue Casagli, “può essere riattivata da grandi crolli, e quelli li guardiamo noi. Oppure dalle piogge brevi e intense, e quelle vengono rilevate dalla rete meteorologica regionale di Arpav e da strumenti a terra che mette la Provincia”. Per quel che riguarda lo stato dell’arte, prevedere quel che succederà di qui in avanti “è difficilissimo da dire”.
Però il fatto che in pochi giorni, in un tempo ristretto, si siano verificati “così tanti eventi, desta un po’ di preoccupazione. Voglio dire, in quell’area le colate di detriti ci sono state da quando esiste la montagna e da quando c’è stata fatta la strada. Però tanti eventi così ravvicinati a distanza di un paio di settimane, prima a Cancia, poi a San Vito, e ancora nel canale accanto a quello della prima colata di San Vito, è una situazione forse un po’ anomalia rispetto al passato”.
Una situazione, aggiunge, “senz’altro attribuibile alle alte temperature che causano l’escursione termica, ovvero a grandi variazioni termiche fra il giorno e la notte. La roccia in alto si scalda molto di giorno per poi raffreddarsi di notte” innescando “un fenomeno chiamato termoclastismo.
franaLa roccia, in pratica, piano piano si rompe per le variazioni della temperatura”. Insieme a questo, “nella parte alta c’è anche il problema dello scioglimento del ghiaccio, di quello che è rimasto dell’inverno: c’è tanta acqua e ci sono cascate, come abbiamo visto con il drone. La Croda Marcora è quindi esposta sia a questa variazione di temperatura, che alla presenza di tanta acqua legata allo scioglimento di ghiaccio e alle piogge. Non è senz’altro una bella situazione, va attenzionata”.
Articolo pubblicato il giorno 11 Luglio 2025 - 13:02