L’agente Gianpaolo Chietti forniva informazioni riservate ai clan Mazzarella, Formicola e Cuccaro in cambio di denaro e Rolex.
Napoli– Una pesante condanna è stata emessa oggi dal Tribunale di Napoli nei confronti di un agente della Polizia di Stato, Gianpaolo Chietti, accusato di aver stretto legami illeciti con la camorra.
I giudici della quarta sezione penale (collegio A), presieduti da Paola Piccirillo, hanno inflitto a Chietti 16 anni di reclusione, riconoscendolo colpevole dei reati di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione aggravata.
La sentenza accoglie in pieno le richieste del Pubblico Ministero Henry John Woodcock, che ha condotto le indagini su una vicenda dai contorni inquietanti. Secondo quanto emerso dall’inchiesta, l’agente Chietti, quando era in servizio presso il commissariato San Giovanni-Barra di Napoli, avrebbe sistematicamente fornito informazioni coperte da segreto d’indagine a tre potenti clan camorristici: i Mazzarella, i Formicola e i Cuccaro. In cambio di questi favori, il poliziotto avrebbe ricevuto somme di denaro e orologi di pregio, tra cui Rolex.
Le accuse si basano in larga parte sulle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, che hanno testimoniato come l’imputato fornisse un vero e proprio “aiuto” alla camorra quando operava nella zona orientale di Napoli.
L’imputato, difeso dagli avvocati Antonio Sorbilli e Salvatore Impradice, ha sempre presenziato alle udienze del lungo processo a suo carico, ma era assente in aula al momento della lettura della sentenza. Attualmente, Gianpaolo Chietti è in stato di libertà.
La condanna a 16 anni rappresenta un segnale forte nella lotta alla corruzione e alle infiltrazioni della criminalità organizzata all’interno delle istituzioni, ribadendo l’impegno della magistratura nel perseguire chiunque, a prescindere dal ruolo ricoperto, si macchi di reati così gravi.
Articolo pubblicato il giorno 8 Luglio 2025 - 15:47
E’ incredibule come un agente di polizia possa tradire la fiducia del popolo. Dovrebber esserci maggiori controlli su chi lavora per la sicurezza pubblica, così da evitare che accadano situazioni simili.
Concordo sul fatto che è importante avere trasparenza nelle forze dell’ordine. Ma non dobbiamo dimenticare che ci sono anche molti agenti onesti che lavorano duramente per proteggere i cittadini.
Questa situazione mette in luce problemi seri nella nostra giustizia. Se un poliziotto è coinvolto con la mafia, cosa possiamo aspettarci dalle altre istituzioni? Serve una riforma profonda.