Genova- Una novità assoluta per il calcio italiano: il braccialetto elettronico entra in campo nella lotta alla violenza negli stadi.
Il Tribunale del Riesame di Genova ha revocato gli arresti domiciliari a quattro dei cinque tifosi della Sampdoria, accusati di aver scatenato disordini prima e dopo il derby contro il Genoa del 25 settembre 2024.
I giovani ultras, di età compresa tra i 20 e i 25 anni, erano stati posti ai domiciliari con l’obbligo del braccialetto elettronico, misura applicata per la prima volta in Italia in un contesto di violenza legata al tifo.
La decisione del Gip di Genova segna una svolta, accogliendo le tesi del criminologo Luca Vincenti, che da oltre vent’anni denuncia il legame tra tifoserie violente e criminalità organizzata.
I quattro ultras, tutti incensurati, hanno ammesso le loro responsabilità, chiesto scusa e offerto di risarcire i danni causati durante gli scontri, che avevano trasformato l’area intorno allo stadio in un teatro di guerriglia urbana.
I giudici, pur riconoscendo la “particolare pericolosità” delle loro condotte, hanno optato per la revoca dei domiciliari, considerando la giovane età e la possibilità di reinserimento lavorativo. Tuttavia, il collegio ha confermato la gravità dei reati, mantenendo alta l’attenzione sul fenomeno.
La misura del braccialetto elettronico, applicata per la prima volta in questo contesto, rappresenta l’attuazione di una proposta avanzata già vent’anni fa da Vincenti nel suo decalogo antiviolenza Dieci regole per fare il tifo e nei Diari di una domenica ultrà: Vincenzo Spagnolo.Potrebbe interessarti
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Consulente per la serie Netflix Acab e recente ospite dell’Università della Campania a Caserta, il criminologo aveva sottolineato la necessità di inquadrare i reati degli ultras come reati associativi, proponendo strumenti come il braccialetto elettronico e un ruolo attivo delle società calcistiche nel denunciare i violenti. “Isolare e condannare pubblicamente gli ultras violenti tutela i veri tifosi, che amano il calcio e vogliono solo divertirsi”, ha dichiarato Vincenti, plaudendo ai recenti sviluppi.
L’esperto ha poi evidenziato i vantaggi del braccialetto elettronico: “È l’unica misura idonea per prevenire reati associativi. Sebbene il costo iniziale di circa 80mila euro per dispositivo possa sembrare elevato, a lungo termine ridurrà le spese per il controllo territoriale, liberando risorse per la sicurezza dei cittadini contro reati più insidiosi”.
La presa di posizione delle società calcistiche, che hanno iniziato a denunciare gli episodi di violenza come indicato nel decalogo di Vincenti, rafforza ulteriormente questa strategia.
Tuttavia, la strada è ancora lunga. La decisione di Genova, pur innovativa, solleva interrogativi sulla reale efficacia di misure come il braccialetto elettronico se non accompagnate da un cambiamento culturale nelle curve.
La violenza negli stadi, spesso alimentata da dinamiche di gruppo e da un senso di impunità, richiede interventi strutturali: dalle campagne di sensibilizzazione nelle scuole alla collaborazione tra club, istituzioni e forze dell’ordine. La svolta di Genova è un primo passo, ma per sradicare il fenomeno serve un impegno corale che trasformi le curve in luoghi di passione e non di conflitto.
Intanto, il calcio italiano guarda con attenzione a questa sperimentazione, sperando che il braccialetto elettronico diventi un alleato per riportare il tifo alla sua vera essenza: il sostegno alla squadra, senza violenza.






Commenti (1)
L’introduzione del braccialetto elettronico nei stadi italiani è una cosa inovativa ma ci sono dubbi se veramente aiutera a fermare la violenza. Serve una vera collaborazione tra tutti i attori coinvolti per cambiare la situazione.