Napoli– “Non voglio puntare il dito contro nessuno, ma bisogna fare piena luce sulle condizioni in cui è ridotto mio figlio”.
Sono le parole Giuseppe Mileo, padre biologico del piccolo Pietro, il neonato di nove mesi ricoverato da una settimana in coma all’ospedale Santobono di Napoli, e che ha affidato al suo legale, l’avvocato Franco Maldonato, un appello alla verità.
Le condizioni del bambino restano gravissime ma stabili. Pietro è stato sottoposto a due delicati interventi al cervello per un edema cerebrale ed è risultato affetto anche da fratture pregresse a femore e costole. Una situazione clinica che ha sollevato interrogativi e preoccupazioni, anche in assenza – al momento – di persone formalmente indagate.
Il piccolo era stato inizialmente condotto all’ospedale di Sapri, nel Salernitano, dalla madre e dal compagno di lei, poi trasferito d’urgenza in elicottero a Napoli. Da alcuni mesi viveva in una villetta a Villammare, frazione di Vibonati, insieme alla madre, al fratellino maggiore di quattro anni e al compagno della donna.
Il padre, Giuseppe Mileo, è estraneo alla vicenda, come confermato dagli inquirenti. Al momento dell’emergenza, non si trovava con il figlio. “Come dichiarato dalla madre stessa ai Carabinieri – spiega l’avvocato Maldonato – il nostro assistito è stato avvisato del malore del piccolo quando il bambino era già stato portato in ospedale”.
Il legale chiarisce inoltre che, secondo i medici del Santobono, l’emorragia cerebrale potrebbe essere stata causata da un evento spontaneo, non da un trauma esterno. “Una tesi – aggiunge Maldonato – compatibile con l’assenza di segni di contusione sul cranio e con una diagnosi precedente del pediatra di famiglia, secondo cui Pietro potrebbe essere nato con un edema cerebrale poi evoluto in ischemia”.
Resta però il nodo delle fratture, per le quali si chiede un approfondimento medico-legale. “È necessario – conclude l’avvocato – accertare con precisione l’origine di quei traumi, inspiegabili allo stato attuale”.
Intanto il Tribunale per i Minorenni di Potenza ha sospeso la responsabilità genitoriale della madre, collocando il fratellino maggiore in una comunità protetta. Una decisione che la difesa del padre intende impugnare. “Chiederemo – ha annunciato Maldonato – che il bambino venga affidato al padre e ai nonni, affinché possa ricevere l’affetto e le cure di cui ha bisogno”.
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