Roma – Il Gip di Roma ha disposto l’archiviazione delle indagini sulla morte di Mario Paciolla, il cooperante italiano delle Nazioni Unite trovato senza vita nel luglio 2020 nella sua abitazione in Colombia, dove lavorava per un progetto dell’ONU.
La decisione, che segue una seconda richiesta della Procura, è stata accolta nonostante la ferma opposizione della famiglia, convinta che Paciolla sia stato ucciso e non si sia tolto la vita, come ipotizzato dalle autorità colombiane.
La reazione del Pd: “Giustizia non si arrenda”
A esprimere sconcerto sono stati i membri della Commissione straordinaria Diritti Umani del Pd, tra cui Susanna Camusso, Cecilia D’Elia, Tatiana Rojc e Filippo Seni:
“Apprendiamo con molto disagio la decisione del Tribunale di Roma. Tutte le indagini confermano che Mario non si è suicidato, ma è stato ucciso. Lascia stupiti la scelta dell’archiviazione”.
I parlamentari hanno assicurato che continueranno a battersi in sede istituzionale e parlamentare per ottenere la riapertura del caso:
“Dobbiamo verità alla sua memoria, alla sua famiglia e all’Italia. La giustizia non può arrendersi di fronte a un assassinio”.
Un caso ancora irrisolto
Paciolla, 33 anni, era impegnato in Colombia con la Missione ONU per verificare il rispetto degli accordi di pace dopo il conflitto con le FARC. La sua morte, inizialmente classificata come suicidio, è stata fin dall’inizio oggetto di dubbi per la famiglia e le organizzazioni per i diritti umani, che hanno denunciato anomalie nelle indagini locali.
L’archiviazione italiana chiude – per ora – un capitolo doloroso, ma la battaglia per la verità sembra destinata a continuare, con la famiglia e i sostenitori che chiedono un nuovo esame delle prove.
Articolo pubblicato il giorno 30 Giugno 2025 - 15:12