FIRENZE – La sentenza è arrivata, ma il sapore è amaro. Nel processo parallelo alla tragica scomparsa di Davide Astori, il capitano della Fiorentina morto nel sonno il 4 marzo 2018 durante il ritiro a Udine, il Tribunale di Firenze ha emesso tre condanne per falso ideologico legato alla presunta manipolazione di un certificato medico. Condanne lievi, decisamente più basse di quelle richieste dalla Procura, ma che confermano un quadro inquietante: qualcuno ha cercato di riscrivere la realtà su un foglio ufficiale, dopo la morte di un uomo.
Il professor Giorgio Galanti, già condannato in via definitiva per omicidio colposo nel marzo scorso, ha ricevuto un anno di reclusione. Accanto a lui, otto mesi per la dottoressa Loria Toncelli e per il professor Pietro Amedeo Modesti, quest’ultimo accusato anche di aver distrutto un documento autentico. La Corte, presieduta dal giudice Paolo De Meo, ha escluso l’aggravante del “certificato fidefacente”, riconoscendo però la falsità del documento.
Quel certificato medico, datato 10 luglio 2017, attestava l’esecuzione di uno specifico esame cardiologico – lo strain cardiaco – che, secondo l’accusa, non fu mai eseguito. E che invece comparve nella documentazione solo mesi dopo la morte di Astori. Per il pubblico ministero Antonio Nastasi, si trattava di una manovra per alleggerire le responsabilità di Galanti nel processo principale. Il documento, stampato su carta intestata datata aprile 2019, sarebbe stato creato ad arte.
Nonostante la difesa dei tre imputati avesse chiesto l’assoluzione, sostenendo che si trattasse di un errore materiale e non di dolo, il tribunale ha riconosciuto la colpa. L’avvocato Sigfrido Fenyes, legale di Galanti, ha già annunciato ricorso, parlando di “passo avanti” grazie al riconoscimento parziale delle tesi difensive.
Ma a rimanere senza risposta è la richiesta di giustizia avanzata dalla famiglia di Astori. Nessun risarcimento per la compagna Francesca Fioretti, per la figlia Vittoria e per i genitori e il fratello del calciatore. Secondo i giudici, non è stato provato che quel documento falso abbia aggravato il dolore già inflitto dalla perdita.
Articolo pubblicato il giorno 13 Giugno 2025 - 12:05