Nascosti tra le colline che alimentano le fontane della Reggia di Caserta, nel cuore del Real Casino del Bosco di San Silvestro, tre affreschi del primo Settecento tornano a respirare grazie a un complesso intervento di restauro conservativo. Le opere, attribuite ai primi decenni del XVIII secolo e ospitate nelle sale “Gialla”, “Bacco e Arianna” e “Diana cacciatrice”, sono parte di un’eredità fragile quanto preziosa: quella delle “Reali Delizie” dei Borbone, inserite nel più vasto sistema della Reggia riconosciuto dall’UNESCO.
Il progetto, promosso dal museo autonomo del Ministero della Cultura e finanziato attraverso una mirata programmazione dei fondi ordinari, si inserisce in una strategia più ampia di tutela del patrimonio vanvitelliano. Non si tratta solo di restaurare opere, ma di preservare identità. Le tele, collocate al primo piano dell’edificio progettato da Francesco Collecini tra il 1797 e il 1801, versavano in condizioni critiche: strutture lignee danneggiate, ossidazioni, lacerazioni e distacchi minacciavano la loro integrità e leggibilità.
Particolarmente compromessa la tela di “Bacco e Arianna”, che si era parzialmente staccata dal soffitto: un’operazione chirurgica ne ha permesso la rimozione e il trasferimento nel laboratorio specializzato della Magistri s.r.l., dove sono in corso le analisi diagnostiche. I primi esami suggeriscono che l’opera sia stata realizzata unendo più porzioni di tela prima della pittura, una prassi rara e affascinante che apre nuove letture storiche. Gli altri due affreschi saranno restaurati in loco, per ridurre i rischi legati alla movimentazione.
Indagini termografiche, prove di resistografia sui soffitti lignei e microprelievi per lo studio dei materiali pittorici arricchiscono l’intervento, con l’obiettivo di garantire non solo il recupero, ma anche la futura stabilità delle opere. Al termine del restauro, la tela rimossa tornerà nella sua posizione originaria, restituendo alla sala il suo volto autentico.
Il Bosco di San Silvestro, insieme a San Leucio, al Parco Reale e al Giardino Inglese, rappresentava il cuore della vita agreste e venatoria borbonica. Dal 1993 è affidato al WWF Italia, che attraverso la società La Ghiandaia ne cura attività e laboratori. Oggi, grazie a un intervento che unisce scienza, tecnica e visione, quei dipinti sospesi tra cielo e storia possono ricominciare a raccontare la loro bellezza senza tempo.
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