Emanuele Tufano ed Emanuele Durante
Napoli – Un inquietante filo rosso di sangue e proiettili sembra collegare i brutali omicidi dei giovanissimi Emanuele Tufano, assassinato la notte del 24 ottobre scorso lungo il trafficato Rettifilo, e di Emanuele Durante, ucciso il 15 marzo in via Santa Teresa degli Scalzi, non lontano dal Museo Nazionale.
Una connessione agghiacciante emerge dalle intricate pieghe delle indagini condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Napoli e dalla Procura dei Minori: i due Emanuele erano insieme quella tragica notte di ottobre.
E proprio questa presenza condivisa sulla scena del primo delitto sembra essere la chiave per comprendere il successivo agguato mortale di marzo. Secondo una sconcertante svolta investigativa, uno dei presunti mandanti dell’omicidio del ventenne Emanuele Durante sarebbe un parente di Emanuele Tufano.
Il movente? Una presunta omissione di soccorso e una fuga ritenuta inaccettabile la notte dell’omicidio del sedicenne.Sarebbe stato questo il presunto “peccato originale” di Durante, un’ombra che lo avrebbe inseguito fino a quel fatidico 15 marzo.
Un’ombra che, secondo gli inquirenti, avrebbe spinto gli ambienti criminali del rione Sanità a pianificare ed eseguire un omicidio eclatante, in pieno giorno, in via Santa Teresa degli Scalzi, mentre Durante era alla guida della sua auto, con la fidanzata seduta accanto.
L’operazione congiunta di polizia e carabinieri ha portato all’esecuzione di ben 16 arresti, nel tentativo di fare piena luce su questa drammatica sequenza di eventi.
Le indagini serrate dei pubblici ministeri Celeste Carrano, Maria Sepe e Raffaele Tufano, coordinate dal procuratore aggiunto Sergio Amato, avrebbero ricostruito la presenza di Emanuele Durante accanto al sedicenne Emanuele Tufano la notte della “stesa” finita in tragedia.
Durante, vent’anni, era anche il cugino di Annalisa Durante, la giovane vittima innocente uccisa per errore più di vent’anni fa in via Vicaria Vecchia a Forcella, un’altra ferita ancora aperta nel cuore di Napoli.
Ed è proprio questo legame familiare e la sua presunta reticenza a raccontare “tutta la verità” su quanto accaduto al Rettifilo che, secondo gli inquirenti, avrebbero scatenato la furia di alcuni elementi del rione Sanità nei confronti di Durante. Una punizione esemplare consumatasi mesi dopo, in un contesto di tensioni e dinamiche criminali che caratterizzano alcune zone del capoluogo partenopeo.
Per fare chiarezza su questa spirale di violenza, è necessario ripercorrere i fatti di quella notte di ottobre. Era il 24 ottobre scorso, quando un gruppo di almeno otto giovanissimi, provenienti dal rione Sanità, si era recato in piazza Mercato per una sorta di “ronda” tra i vicoli adiacenti al Carmine.
Lì avevano incrociato un altro gruppo di almeno quattro ragazzi del rione Mercato. Ne era scaturito un violento conflitto a fuoco, con alcuni giovani che si erano gettati a terra per ripararsi tra le auto in sosta. Al termine della sparatoria, il sedicenne Emanuele Tufano aveva avuto la peggio, rimanendo ucciso.
Ma l’esito delle prime indagini aveva rivelato un dettaglio ancora più sconcertante: a colpire mortalmente il giovane del rione Sanità non sarebbero stati i rivali del Mercato, ma un proiettile vagante esploso da una delle armi dei suoi stessi compagni di “stesa”.
Un tragico caso di “fuoco amico” che, lungi dal chiudere la vicenda, sembra aver innescato una spirale di vendetta e ritorsioni culminata con l’omicidio di Emanuele Durante.
La complessa e delicata inchiesta cerca ora di fare piena luce su tutti i tasselli di questo drammatico mosaico criminale.
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