La vittima Genny Ramondino
Napoli – Si è concluso con una condanna a 15 anni e 4 mesi di reclusione il processo a carico del 17enne reo confesso dell’omicidio di Gennaro Ramondino, suo coetaneo e migliore amico, avvenuto nel quartiere Pianura nell’agosto dello scorso anno
Durante l’udienza, l’imputato, assistito dall’avvocata Antonella Regine, ha fornito ulteriori dettagli sulla dinamica del crimine, sostenendo di essere stato manipolato da persone più grandi di lui. “Mi dicevano che ero sveglio e che potevo crescere con loro. Volevo essere accettato, così li ho accontentati”, ha dichiarato il giovane, aggiungendo di aver compreso solo in seguito di essere stato “plagiato”.
Il giudice Angela Draetta ha assolto l’imputato dall’accusa di spaccio di stupefacenti e ha escluso l’aggravante mafiosa. Tuttavia, è stata confermata la sua responsabilità per l’omicidio di Ramondino, ucciso con una pistola che, secondo la sua testimonianza, era stata lasciata incustodita.
Il giovane ha inoltre riferito di essersi rifiutato di bruciare il cadavere della vittima, un gesto che ha attribuito al profondo legame di amicizia che li univa. “Dormivamo insieme, passavamo le giornate e le nottate insieme”, ha raccontato durante l’interrogatorio.
Attualmente detenuto in un carcere minorile, il 17enne dovrà fare i conti non solo con la condanna, ma anche con il peso del rimorso per un delitto che, come lui stesso ha ammesso, lo accompagnerà per il resto della sua vita.
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È molto triste che un giovane possa arrivare a commettere un delitto cosi grave, ma è ancor piu triste che sia influenzato da persone piu grandi. Le conseguenze sono devastanti e non si possono cambiare, ma la societa deve riflettere.