Il brutale pestaggio che costò la vita a Willy Monteiro Duarte è stato definito un “evento indecente” per modalità e motivazioni dal sostituto procuratore generale di Roma, che ha richiesto la condanna all’ergastolo per Gabriele e Marco Bianchi.
I due fratelli di Artena (Frosinone) facevano parte del branco che, nel settembre del 2020, a Colleferro, massacrò di botte il giovane 21enne di origini capoverdiane. La richiesta è arrivata durante il secondo processo d’appello, disposto dalla Cassazione per riesaminare il riconoscimento delle attenuanti, pur confermando la responsabilità penale per omicidio già accertata. In primo appello, i due imputati erano stati condannati a 24 anni di carcere.
Durante la requisitoria, l’accusa ha ricostruito quei drammatici cinquanta secondi di violenza: Gabriele Bianchi, esperto di arti marziali, avrebbe dato il via al pestaggio con un violento calcio al petto di Willy, seguito immediatamente da Marco Bianchi. Entrambi avrebbero avuto un ruolo preponderante nell’aggressione. Nonostante il tempo trascorso, secondo il procuratore, i fratelli non hanno mostrato alcuna revisione critica delle loro azioni.
Oltre ai fratelli Bianchi, già detenuti a Rebibbia e nel carcere di Pescara, anche gli altri membri del branco hanno ricevuto condanne definitive: Francesco Belleggia a 23 anni e Mario Pincarelli a 21 anni. Entrambi parteciparono attivamente all’aggressione, infliggendo calci e pugni a Willy, già a terra inerme, e contribuendo alla sua morte.
L’aggressione si consumò fuori da un pub. Secondo le testimonianze, i quattro scesero da un’auto e si scagliarono con inaudita violenza contro chiunque capitasse loro a tiro. Willy fu la vittima principale, ma anche Samuele Cenciarelli, che cercò di difenderlo, rischiò di perdere la vita. Sulla scarpa di Belleggia furono trovate tracce biologiche di Cenciarelli, a testimonianza della ferocia di quella notte.
La Cassazione, accogliendo il ricorso della Procura nell’aprile scorso, aveva giudicato “contraddittorie” e “carenti” le motivazioni del primo processo di appello, che aveva ridotto le pene dei fratelli Bianchi da ergastolo a 24 anni. I supremi giudici avevano anche contestato il riferimento al “clamore mediatico” come elemento per attenuare la valutazione della personalità degli imputati.
Quella notte, sottolinea l’accusa, chiunque si fosse trovato nella piazza avrebbe potuto fare la fine di Willy. I colpi inferti furono tecnici, violenti e mirati a causare danni gravissimi. Una ferocia che lascia un segno indelebile nella memoria collettiva e che chiede giustizia per una giovane vita spezzata.
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