L'imprenditore Salvatore D'Amelio, figura cardine dell'inchiesta
Colpo di scena nel caso che coinvolge il noto imprenditore napoletano Salvatore D’Amelio. Ieri pomeriggio, a quasi un anno dal suo arresto, il patron del colosso “Minimal Couture” è tornato completamente libero. La terza sezione penale del Tribunale di Napoli, presieduta dal giudice Primavera, ha accolto la richiesta dei suoi legali, Andrea Imperato e Salvatore Pane, ordinandone la scarcerazione per la sopravvenuta attenuazione delle esigenze di custodia cautelare. D’Amelio era già stato trasferito ai domiciliari nei mesi scorsi.
L’inchiesta, avviata nel 2016 sulla base di una denuncia della società Daniel Wellington per la contraffazione di orologi a marchio registrato, ha svelato un imponente giro di falsificazioni e frodi fiscali del valore complessivo di 8,4 milioni di euro. L’indagine, partita da Napoli, si è estesa progressivamente, coinvolgendo 82 indagati, tra cui imprenditori, commercialisti e prestanome. Tra le figure di spicco, oltre a D’Amelio, figurano membri della famiglia Festa del Mercato.
Nel gennaio scorso, un blitz congiunto della Guardia di Finanza e dei Carabinieri ha portato all’esecuzione di 25 misure cautelari personali e reali. Gli accertamenti hanno fatto emergere un sistema complesso di riciclaggio di denaro sporco, reinvestito in settori che spaziano dall’abbigliamento alla ristorazione, dai trasporti alla gestione di una clinica specializzata nella cura dell’autismo in Molise.
Le ipotesi di reato comprendono associazione per delinquere, ricettazione, frode fiscale, detenzione e porto illegale di armi. Nel corso delle indagini è stato anche ricostruito un episodio violento avvenuto al Centro Direzionale di Napoli: il ferimento di Salvatore Cassese, accoltellato 12 volte in seguito a un affare fallito legato all’importazione di frigoriferi dalla Cina.
Gli investigatori della Guardia di Finanza, in collaborazione con lo SCICO e il Nucleo Investigativo dei Carabinieri, hanno puntato i riflettori su un gruppo imprenditoriale accusato di aver riciclato ingenti somme di denaro attraverso società italiane ed estere. Questi fondi deriverebbero da frodi fiscali, indebite compensazioni e reati di contraffazione.
Il giudice per le indagini preliminari ha escluso l’aggravante camorristica ipotizzata dalla Procura, che aveva suggerito legami con il clan Contini. Tra gli indagati principali figurano Antonio Festa, suo figlio Gennaro e il nipote Anthony, oltre a diversi professionisti e faccendieri.
Gli investimenti illeciti erano accompagnati da una strategia di marketing sui social network, con immagini e messaggi destinati al pubblico giovanile, mirati a promuovere nuove linee commerciali e uno stile di vita ben al di sopra dei redditi dichiarati al fisco.
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