Aurelio Taglialatela
Marano. Resta in carcere Aurelio Taglialatela, il 19enne accusato dell’omicidio del coetaneo Corrado Finale e del tentato omicidio di un 18enne fidanzato della sorella.
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Il gip Fabrizio Forte del Tribunale di Napoli Nord non ha convalido il fermo ma ha disposto la custodia cautelare nel carcere di Poggioreale perché “ove non sottoposto ad adeguato presidio cautelare, possa commettere ulteriori delitti della stessa
specie di quelli per cui si procede, ad onta della sua formale incensuratezza e della sua giovane età”.
Un quadro probatorio pesante che hanno provato a smontare o quantomeno ad attenuare i suoi difensori, gli avvocati Luigi Poziello e Alfonso Vozza. Ma il gip ha ricordato come Aurelio Taglialatela aveva già in passato cercato di aggredire l’ex fidanzato della sorella.
Ovvero il 18enne U.G. che è il passeggero dell’Honda TMax che ha scagliato un oggetto contro la Fiat 500 di Taglialatela rompendo il vetro e scatenando l’inseguimento mortale.
E il gip nel provvedimento in cui dispone la custodia cautelare in carcere scrive:
“Quanto alla scelta della misura da applicare, va rimarcata al particolare spregiudicatezza dimostrata dal Taglialatela, nonché al circostanza che lo stesso sembra essere assistito da un contesto familiare incline alla reticenza e alla scarsa collaborazione con le autorità”.
E ancora: “Alcuni dei suoi parenti, peraltro, erano stati direttamente coinvolti nelle liti e persino nei confronti fisici e verbali che li ragazzo aveva avuto con l’ex fidanzato di sua sorella”.
Ed è per questo che “la custodia cautelare in carcere, invocata dal pubblico ministero, è ritenuta la sola adeguata a contenere li pericolo, concreto ed attuale, di commissione di reati della stessa specie, non potendosi in alcun modo confidare, allo stato, nelle capacità di auto contenimento del prevenuto e nella collaborazione, in tal senso, dei suoi familiari”.
E infine un giudizio che pesa come un macigno:“È appena li caso di aggiungere che la misura custodiale inframuraria appare proporzionata ala gravità dei reati ascrittigli e all’entità della pena che per essi verosimilmente verrà irrogata in sede di giudizio ed in relazione alla quale non pare che l’indagato possa fruire di alcun beneficio”.
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