I Carabinieri del Ros hanno inferto un nuovo colpo alla rete di fiancheggiatori che ha protetto Matteo Messina Denaro durante la sua latitanza.
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Sono stati arrestati infatti Massimo Gentile, architetto, per associazione mafiosa; Cosimo Leone, tecnico radiologo, per concorso esterno in associazione mafiosa e infine Leonardo Gulotta, anch’egli accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
L’inchiesta è coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Gianluca De Leo e Piero Padova.
Dalla cattura del boss, avvenuta il 16 gennaio 2023, sono finite in manette 14 persone accusate di aver aiutato il capomafia ricercato. Quattro sono già state condannate.
Massimo Gentile, originario di Campobello di Mazara, avrebbe ceduto la sua identità a Messina Denaro tra il 2007 e il 2017, consentendogli di acquistare una Fiat 500 e una moto Bmw, di stipulare polizze assicurative, di compiere operazioni bancarie e di “vivere e muoversi nel suo territorio come un cittadino qualunque”.
Cosimo Leone, cognato di Gentile, avrebbe garantito al boss latitante una Tac al torace e all’addome a novembre 2020, consegnandogli un cellulare riservato durante il ricovero in ospedale per l’operazione al colon e facendogli recapitare il cd della Tac dopo le dimissioni.
Leonardo Gulotta avrebbe messo a disposizione di Messina Denaro la propria utenza telefonica tra il 2007 e il 2017 per ricevere comunicazioni dal rivenditore della Fiat 500 e dalle agenzie assicurative.
Massimo Gentile, oltre ad essere un architetto, gestiva decine di progetti finanziati con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Lavorava all’ufficio tecnico del Comune di Limbiate e su Facebook pubblicava post sulle opere realizzate grazie ai fondi europei, come ristrutturazioni di scuole, impianti sportivi e infrastrutture.
L’attività di Gentile potrebbe aprire nuovi filoni di indagine: i magistrati da anni denunciano il rischio di infiltrazioni mafiose nella gestione dei finanziamenti del PNRR.
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