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Camorra, arresto per Tony Colombo e la moglie Tina Rispoli

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Ci sono anche il noto cantante neomelodico Tony Colombo e la moglie Tina Rispoli tra i 27 arrestati del blitz anticamorra di stamane a Secondigliano.

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Le indagini della Dda di Napoli hanno consentito di fare luce sulla svolta imprenditoriale dei clan e in particolare sulla inaspettata alleanza di camorra tra i clan Di lauro, Licciardi e Vinella Grassi che aveva messo le mani su una serie di attività imprenditoriali,

Le indagini permettevano anche di chiarire come l’organizzazione, finanziata dal vertice del clan Di Lauro, dal noto cantante neo melodico e dalla moglie, con una somma complessiva di circa 500.000 euro, avesse provveduto, dopo l’acquisito dei materiali e dei macchinari necessari, all’allestimento di una fabbrica di sigarette, successivamente sequestrata, dove, importando il tabacco grezzo dall’estero, avrebbero potuto confezionare direttamente i pacchetti di sigarette da rivendere nel territorio nazionale ovvero esportare all’estero.

Colombo e la moglie furono al centro dell’attenzione anche della magistratura sia per il mini concerto tenuto in piazza Plebiscito senza autorizzazioni per chiedere la mano della futura sposa, sia per lo sfarzoso matrimonio con corteo e banda, nella quale suonarono anche dipendenti pubblici.

Emerge dalle indagini sull’aspirazione imprenditoriale del clan Di Lauro di Secondigliano, condotte dal Ros, dai carabinieri del comando provinciale di Napoli e della Dda (sostituto procuratore Maurizio De Marco e Lucio Giugliano) che all’alba hanno arrestato 27 persone.

La svolta imprenditoriale e “la Di Lauro spa”

In sostanza, secondo gli inquirenti, è stata messa in piedi una sorta di “Di Lauro spa”, che si è prodotta in investimenti in attività ritenute meno rischiose attraverso società intestate a prestanome, oggi oggetto di sequestro, con le quali il clan gestiva, per esempio, una nota palestra, una sala scommesse e alcuni supermercati. Anche il contrabbando di sigarette dall’est, in particolare dalla Bulgaria e dall’Ucraina, faceva parte del “core business” dei Di Lauro, con l’importazione circa una tonnellata e mezza di “bionde” che hanno rifornito i mercati illegali.


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